Il 14 ottobre 1980, un gruppo di impiegati e quadri della Fiat marciò per le strade di Torino per opporsi alle organizzazioni sindacali che, da 35 giorni, stavano bloccando l’accesso alle fabbriche. La protesta sindacale scaturì a seguito di un piano di riduzione dei posti di lavoro. Gli impiegati tuttavia non condividevano il metodo impiegato dai sindacati, che consisteva nel bloccare l’ingresso dei lavoratori con picchetti ai cancelli, che, pertanto, si schierarono a sostegno dell’azienda, Fiat, chiedendo di poter tornare a lavorare.
La Fiat, dal canto suo, con il suo amministratore delegato Cesare Romiti, approfittò della situazione, enfatizzando la partecipazione dei dirigenti per porre fine al blocco delle fabbriche. Alla fine, le organizzazioni sindacali dovettero cedere, subendo una sconfitta significativa che avrebbe influenzato permanentemente i rapporti tra i sindacati e le aziende.
Questa marcia dei lavoratori segnò la fine di un periodo turbolento, scaturito dalla crisi nel settore automobilistico, in particolare quella affrontata da Fiat – crisi, che era il risultato diretto delle crisi energetiche degli anni precedenti e dei cambiamenti nei modelli di produzione. Dopo mesi di conflitti tra l’azienda e i sindacati, il corteo di impiegati e quadri ribaltò la situazione e portò alla firma di un accordo quella stessa notte. Questo accordo si tradusse in una resa incondizionata all’azienda, che avrebbe comportato il licenziamento di 23.000 lavoratori attraverso la cassa integrazione a zero ore.