*in copertina The Naturalist’s visit to the florist, un cartoon pubblicato da Laurie & Whittle nel 1789
Secondo un’antica leggenda persiana, Shirin, un giovane povero, era innamorato della bella Ferhad, che ricambiava il suo amore. Un giorno Shirin decise di partire alla ricerca della fortuna, lasciando la ragazza sola e addolorata. I giorni passavano e Shirin non tornava. Ferhad decise allora di cercarlo nel deserto: la stanchezza e la fatica la fiaccarono, finì per cadere su delle pietre affilate che la ferirono. Disperata per il dolore e le ferite, Ferhad, che temeva di morire senza rivedere il suo amato, piangeva e piangeva. Le sue lacrime si mischiarono al sangue delle ferite, cadendo goccia dopo goccia sul terreno e trasformandosi in bellissimi tulipani rossi. Ogni primavera, i tulipani fioriscono in memoria di questo amore sfortunato: da allora, gli uomini innamorati raccolgono un tulipano come simbolo di amore eterno da donare alle loro compagne.
Questa tuttavia non è la sola leggenda a gravitare intorno al magico fiore venuto dall’est: ebbe tale successo da ispirare diversi simboli e messaggi d’amore, come in questa deliziosa canzonetta italiana degli anni ‘40.
Dalla Persia alla Turchia all’Europa
Nel tredicesimo secolo, il tulipano veniva celebrato dai poeti in Persia, dove il fiore cresce spontaneo e veniva già coltivato dai tempi dei tempi; Musharrifu’d-din Sa’adi descriveva così il suo giardino visionario il mormorio di un ruscello fresco / canto degli uccelli, frutti maturi in abbondanza / brillanti tulipani multicolori e rose fragranti.
In Turchia, invece, i tulipani divennero popolari durante l’impero ottomano, al tempo dei sultani Osmanidi; comparivano come motivo su piastrelle, tessuti, manoscritti illuminati, miniature, lapidi e tappeti di preghiera.
A seguito della conquista ottomana di Costantinopoli, i tulipani prosperarono nei giardini creati dal sultano Mehmed II, che fece costruire un palazzo su una delle colline di Costantinopoli e creò dei giardini di piacere nei cortili della città. Pare che il modesto sultano avesse uno staff di oltre 900 giardinieri a mantenere i suoi frutteti e giardini. Il sultano vantava persino un giardiniere-teorico – tale Qasim – che suggeriva diverse fioriture per ogni aiuola, quelle più vicine alla casa dovevano essere riempite di rose, considerate sacre nell’Islam come il fiore che era spuntato dal sudore di Maometto.
La parola turca per tulipano – lale – veniva scritta con le stesse lettere arabe usate per il nome di Allah, quindi il fiore veniva spesso usato come simbolo religioso. Scolpito come elemento decorativo su edifici o fontane, era il simbolo riconoscibile della Casa regnante di Osman.
Dal sedicesimo secolo, il tulipano divenne l’emblema della cultura ottomana, universalmente impiegato come motivo ornamentale. I tulipani venivano persino ricamati in righe sui vestiti in satin broccato di Solimano il Magnifico. Non solo, questi fiori comparivano anche sulla ceramica e sulle piastrelle del periodo, caratteristica spettacolare del Palazzo Topkapi di Istanbul.
L’avanzata dell’Impero Ottomano lo rese una grande potenza del Mediterraneo e costrinse i sovrani cristiani europei a trattative. Da questo momento in poi, mercenari e mercanti arrivarono a Istanbul; questa fu una delle conseguenze dell’ascesa ottomana: alla morte di Solimano nel 1556, centinaia di viaggiatori arrivarono in Turchia, una nazione che per secoli era rimasta chiusa all’Occidente.
Gli occidentali erano entusiasti di osservare ogni cosa dell’Impero Ottomano, dai vivaci colori dei bazar alla sensuale grazia delle moschee di Istanbul. Tra le novità che attiravano l’attenzione c’era la passione dei turchi per i fiori e la loro maestria nella coltivazione. Ai viaggiatori occidentali, abituati a considerare le piante solo come cibo o medicinali, sembrava strano coltivare piante solo per la loro bellezza.
Il tulipano era presente in tutti i grandi giardini e non poteva non attirare l’attenzione. I viaggiatori notarono che i turchi amavano quella pianta più di qualsiasi altra. Il tulipano aveva attirato l’attenzione dell’Europa – qui inizia il suo viaggio verso Occidente.
Il bulbo capitalista
I fiori del sultano spopolarono in men che non si dica in Europa: divennero presto una presenza obbligata nei giardini di corte e nelle residenze degli studiosi e dei banchieri. Come tutti i prodotti esotici diedero vita a errori e falsi miti: per esempio, si pensò erroneamente che il loro nome derivasse dal turco dulband, che significa turbante. Gli inglesi li chiamarono berretti turchi.
Fu il botanico francese Carolus Clusius – nome d’arte di Charles d’Ecluse -, sovrintendente ai giardini dell’imperatore d’Austria dal 1573 al 1589, a studiarli e crearne nuove varietà con colori e dimensioni diverse.
Durante alcune sue lezioni all’Università di Leida nei Paesi Bassi, portò con sé alcuni bulbi di tulipano che trovarono un ambiente ideale per la coltivazione. E come sempre, anche stavolta fu la Francia a dettare legge e moda: all’inizio del Seicento, le donne li indossavano nella scollatura dei loro abiti. La tendenza si diffuse rapidamente e i prezzi dei tulipani aumentarono in modo esorbitante. Addirittura un bulbo di tulipano poteva costituire la dote di una ragazza per il futuro marito. La mania si diffuse dalle Fiandre all’Olanda, dove furono selezionate nuove varietà e dove scoppiò quella che è passata alla storia come tulipomania.
La questione raggiunse il suo apice nella seconda metà del Seicento, quando i prezzi dei bulbi di tulipano cominciarono a salire a dismisura. I commercianti olandesi organizzavano vere e proprie aste pubbliche per vendere i bulbi più rari e costosi, e in poco tempo questi fiori diventarono un simbolo di status e ricchezza.
Il prezzo dei bulbi raggiunse cifre impressionanti: alcuni bulbi costavano più di una casa, altri il prezzo di un intero patrimonio. La frenesia della speculazione si diffuse rapidamente in tutta la società olandese, coinvolgendo anche persone comuni che investivano tutti i loro risparmi nei tulipani.
Il picco dei prezzi dei bulbi di tulipano si raggiunse nel periodo tra la fine del 1636 e l’inizio del 1637, quando molti investitori acquistavano tulipani con l’intenzione di rivenderli a prezzi ancora più alti in futuro. Tuttavia, nel febbraio del 1637, la bolla speculativa esplose improvvisamente, e il prezzo dei bulbi di tulipano crollò vertiginosamente. Molte persone rimasero con in mano dei fiori che avevano pagato cifre esorbitanti e che ora valevano pochissimo, causando un grave crollo economico e la rovina di molti investitori.
Nonostante il danno economico subito a seguito del crollo della bolla speculativa, la coltivazione dei tulipani rimane tutt’oggi una fonte importante di ricchezza per l’Olanda. Sebbene il fiore non sia originario delle Fiandre, sebbene si tratti di fatto di appropriazione culturale, l’Olanda resta famosa per i suoi campi di tulipani e per i festival loro dedicati.
Fonti consultate
Cattabiani, A. (2017) Florario. Edizioni Mondadori.
Dash, M. (2011) Tulipomania: the story of the world’s most coveted flower and the extraordinary passions it aroused. Hachette UK.
Pavord, A. (2019) The Tulip: The Story of a Flower That Has Made Men Mad. Bloomsbury Publishing.