Mentre si trovava in visita a Dallas (Texas), percorrendo la Dealey Plaza a bordo della limousine presidenziale, Kennedy venne mortalmente ferito da diversi colpi di fucile sparati dall’attivista castrista ed ex marine Lee Harvey Oswald.
Il viaggio del presidente a Dallas era stato fortemente osteggiato dagli esponenti del Partito Democratico: lì si concentravano gli oppositori di Kennedy, che contestavano la sua politica della Nuova Frontiera, ma soprattutto il fallimento dell’invasione di Cuba, la lotta alla segregazione razziale, oltre all’intento di porre fine alla guerra fredda, di ritirare l’esercito americano dal Vietnam e di disarmare gli armamenti nucleari.
Per indagare sull’omicidio, nel 1964 fu istituita la Commissione Warren che decretò Oswald come unico sicario. Nell 1992, JFK – il film di Oliver Stone – a circa un anno dalla sua uscita, aprì a nuovi interrogativi sulla vicenda: testimonianze e ricostruzioni fecero germogliare l’ipotesi di un complotto; riferivano di quattro colpi sparati da diverse angolazioni, quindi da parte di più sicari. Si scatenava, così, l’ira del popolo americano. In quell’occasione, furono chieste maggiore chiarezza e la desecretazione di tutti i documenti della commissione che il Congresso degli Stati Uniti si impegnò a rendere noti entro 25 anni. Parte di essi è stata resa nota da Trump nel 2017, la restante verrà resa pubblica da Biden il 15 dicembre 2022. Fra le piste più battute nei documenti, si parla di una possibile cospirazione da parte del KGB.
A 59 anni dalla sua morte, JFK è ancora uno dei presidenti più amati dagli americani e, insieme a Lincoln e a M. Luther King, è considerato uno dei martiri degli Stati Uniti.