*in copertina, Il risveglio, Alessandro Sicioldr (2018)
Jen Campbell è autrice inglese di bestsellers e poetessa premiata, The Girl Aquariumè la sua prima raccolta poetica completa, ma non la sola. Le poesie di Jen raccontano i luoghi guasti delle fiabe e, mettendone in discussione i canoni, ri-traccia i confini della bellezza e delle sue rappresentazioni. Jen esplora sentimenti profondamente personali: l’amore, le diversitĂ , il sesso e la disabilitĂ , attori protagonisti del cambiamento e dellâincertezza.
Lo strato onirico del corpo
GiĂ dalla primissima poesia della raccolta, ci si immerge immediatamente in una dimensione dai confini che si dilatano e si restringono, come il ritmo regolare di un polmone:Â
And I try to explain that all stories can coexist and I amÂ
many separate things
that disagree with one another
and that is ok.
Because in the forest that is many other forest, I found my lungs.Â
[âŚ]
And if we are seventy percent water does that mean that we are
constantly falling from the sky? Towards forests that exist on paper.â
tratto da Concerning the principles of human knowledgeÂ
La qualitĂ della materia poetica ha sede nella capacitĂ della stessa di spingere oltre i confini le terre dellâimmaginazione del lettore: il lavoro di Jen è magistrale da questo punto di vista. A volte, guida lei stessa il meccanismo immaginifico rievocando figure della memoria collettiva, come lâaccostamento del polmone alla foresta. Altre volte, lascia che la fantasia corra verso rotte inesplorate, rivelando la dimensione onirica del corpo, strumento insieme poetico e fisico:
On the bus home, I think of all constellations
hiding under my skin.
I think of the word vein
and decide I donât like it.Â
[âŚ]Â
I think that maybe weâre both lost
in the skins of human planets.
tratto da Movement
Le immagini evocate da Jen si radunano allâinterno di una fotografia del reale composita e distopica, che avvicina il suo lavoro a suggestioni provenienti dal realismo magico, dove gli oggetti magici si muovono in un contesto a tutti gli effetti realistico e quotidiano:Â
You run across the garden – a pair of lungs. Blue fruit
and attic-faced. Your eyes parachutes. The sky is black
and I canât make out your toes as they Morse code
the grass. This is the night, you say.Â
[…]
I picture teeth along the cloud line.Â
I need you to help me, I say, panicked.Â
My breath is clouds.Â
I need you, I say.
tratto da Girl lunar
La voce degli invisibiliÂ
Il lavoro di Campbell si compone di numerosissimi personaggi, alcuni chimere del fantastico, altri animazioni reali del mondo contemporaneo. La presenza ricorrente di Caitlin conferisce alla scrittura poetica una struttura in parte narrativa. Caitlin compare un paio di volte lungo tutta la raccolta, lâimpressione è che possa essere un personaggio distinto dallâio poetico, ma anche uno dei numerosi io-specchio, un vero e proprio alter ego dellâio poetico. Caitlin appare immediatamente:Â
Caitlin has ghosts on her tongue, seaweed in her bladder and trees in her groin. She is Mary: growing growing in a Victorian fruit bowl. She is a washing machine. She scrubs her moon fingers when the people sleep.
tratto da #1
Il poeta dialoga con molti personaggi, attuando un processo di identificazione e di sovrapposizione nellâaltro, che assottiglia i confini, come in What the bearded Lady told me:Â
That sheâs never been called girl.
That the word girl sounds like a type of tree to her.Â
[âŚ]
That sometimes she covers her face in paper.
[âŚ]
That between her legs is volcanic.Â
That men are terrified.Â
That she loves how terrified they are.
tratto da What the bearded Lady told me
Jen seguita ad incontrare ed incorporare personaggi attori di un freak show, di cui lei si sente parte e non solo cronista. Lo spettacolo dura fino allâultima pagina della raccolta:
III
In this new world, there are forests and duck-feet shoes.
There is us, there.
Waiting.Â
Our crow mouths full of feathers.Â
We are stamping.Â
Stamping. Stamping.Â
Â
Stamping our new born feet.
tratto da The day we ran away from the circus
Lâuso del dialetto: geordie
Sparse allâinterno delle ultime due sezioni della raccolta si troveranno delle poesie la cui lingua sembrerĂ particolarmente strana anche a coloro che non sono avvezzi alla lettura in lingua inglese: ci troviamo di fronte ad una serie di poesie scritte in dialetto geordie.
Jen è originaria di un borgo vicino al mare nel nord-est dellâInghilterra, nonostante adesso viva nei pressi di Londra. La scelta del dialetto è una dichiarazione dâappartenenza e, al contempo, di riconoscenza e conferisce spessore alla lingua della voce poetica, oltre ad un valore criptico interessante:
And then they caught us – me ânâ Caitlin.Â
We was dancin our way yem.Â
Fairgrounds in for eyes
blazin out like dancin lions
and me stomach a stinkin jellyfish
aal zip-zappin around.
[âŚ]
And then they caught us.Â
Said we was danger.
Said our queer souls was a well-Â
lookin at us like wâfishesÂ
what swam but shouldâve drowned.
Yet, I think me soulâs a lighthouse
and I cling tâCaitlinâs arm.
tratto da Netted
Lâimmaginario si mantiene, rivive nei ricordi, li arricchisce con il panorama acquatico a cui ci ha abituati finora. Ma ciò che rende il percorso piĂš entusiasmante è la dimensione del suono: provate a leggere questi pochi versi a voce alta o provate ad ascoltare Jen stessa che li legge (min. 8.10). Le ripetizioni, le rime interne e quelle baciate la rendono quasi una filastrocca o addirittura le donano una ritmica rappante.
Questa incursione dialettale ci permette di fare una riflessione sullâimportanza della dimensione sonora nella scrittura poetica e ci ricorda che non câè poesia senza musica, ci ricorda che non esiste la poesia letta in silenzio. Riesce a donarci una chiave di lettura alternativa e a chiarire il background del poeta stesso. Jen è una specialista del mondo della scrittura favolistica e della sua ricezione passata e presente.
Lâandamento delle poesie dialettali mi ha ricordato il limerick, il nonsense di Edward Lear, ma anche Phantasmagoria di Lewis Carroll.
Ascoltare Jen leggere i suoi versi mi ha riportata ad una dimensione orale del racconto che incanta e risveglia una sopita atmosfera mnemonica.
Le dimensioni della realtĂ
A parte la difficoltà della lettura del dialetto per chi, come me, non è di madrelingua inglese, il lavoro di Jen è stupefacente e le difficoltà di lettura possono essere superate riconsiderando la portata del suono.
Il mondo in cui Jen ci introduce è doloroso, ricco di tutte le ferite accumulate, ma cerca, attraverso lâuso del fantastico, di elaborarle e usare lo strumento di elaborazione come parte integrante del processo di guarigione. A Gianni Rodari, citando Novalis, piaceva ripetere: âSe avessimo anche una fantastica, come una logica, sarebbe scoperta lâarte di inventare.â Jen ha esattamente questo dono: il suo mondo fantastico, inventato è un rifugio e anche una cura.