La presenza dei Giudei durante le cerimonie pasquali a San Fratello – borgo dei Nebrodi, in provincia di Messina – testimonia l’influenza degli antichi riti primaverili sulla celebrazione della Pasqua.
I Giudei indossano una giubba e dei calzoni di mussola rossa, con strisce di stoffa di colore diverso e maschere, da cui penzola una lingua di pelle lucida che, insieme a una bocca sguaiata e a sopracciglia lunghissime, gli danno un aspetto mostruoso e diabolico; durante le celebrazioni del giovedì e del venerdì santo, corrono per le strade della città con scarpe di cuoio grezzo, catene e una tromba ad armacollo, creando scompiglio.
Leonardo Sciascia osservava: «I Giudei di San Fratello sono gli uccisori di Cristo, perciò nella rappresentazione della Passione, nelle ore in cui Cristo viene condannato a essere crocifisso essi demoniacamente si scatenano».
In realtà, queste maschere sono una forma di epifania carnascialesca: celebrano la morte e i demoni tipici dei momenti di transizione dell’anno e di rinnovamento. Il nome di Giudei è un tentativo di cristianizzazione, dovuto a quella malsana mentalità che tendeva a demonizzare gli ebrei.
Altre diavolate si svolgono in varie cittadine siciliane: ad Adrano, per esempio, cinque diavoli capeggiati da Lucifero disputano, durante le celebrazioni pasquali, con la Morte, l’Anima e l’Angelo, che salva l’umanità costringendo i diavoli a pronunciare uno spontaneo Viva Maria.
Queste tradizioni, un mix composito di elementi cristiani e pagani, danno tutt’oggi voce alla complessa storia culturale della Sicilia.
Buona Pasqua a tutti, diavoli e non!