Uno degli eventi più attesi di questo 2023 è sicuramente la mostra Ai Weiwei: Making Sense, ultima mostra personale dell’artista e attivista cinese Ai Weiwei.
La mostra – che ha inaugurato giorno 7 aprile e che durerà fino al 30 luglio 2023, presso il Design Museum di Londra – non è solo una delle tante mostre personali sino ad ora realizzate sull’artista, ma nasce come mostra personale di architettura e design ed ospiterà la più grande opera d’arte Lego mai realizzata da Ai, una riproduzione delle ninfee di Monet.
Ma chi è l’artista e performer cinese Ai Weiwei e perché è considerato fra gli artisti più chiacchierati, controversi geniali e promettenti dell’arte contemporanea ? Scopriamolo insieme!
Chi è Ai Weiwei
Ai Weiwei è uno degli artisti più significativi e riconosciuti che operano oggi, uno dei più quotati ed ascoltati del XXI sec. Ma a cosa deve la sua fama?
Egli è conosciuto in tutto il mondo sia per la sua potente arte, ma soprattutto per il suo attivismo politico.
Nato a Pechino nel 1957 è figlio di un famoso poeta e dissidente politico cinese, Ai Quing, da cui ha ereditato sia il coraggio, che uno spiccato spirito di ribellione contro ingiustizie e dittature. Il poliedrico artista orientale (designer, architetto, curatore, collezionista, regista e attivista), ha, infatti, dedicato tutta la sua vita all’arte, usandola come mezzo e scopo sociale per la difesa e l’affermazione dei diritti umani, tanto da ricevere il Premio Ambasciatore della coscienza 2015 da Amnesty International ed il Premio Václav Havel 2012 per il dissenso creativo dalla Fondazione per i diritti umani.
Ma Ai Weiwei come è diventato un’ artista? Quando si è affermato a livello internazionale? E quando ha iniziato la sua lotta politica?
Dopo essersi diplomato all’Accademia del Cinema di Pechino ed essersi dedicato totalmente alla pittura, alla fine degli annoi ‘70 fonda il gruppo artistico Stars, caratterizzato da un allontanamento dagli stili e dai canoni tradizionali imposti dall’arte ufficiale cinese (ancora fortemente influenzata dal Realismo Socialista di stampo Sovietico), muovendo cosi i primi passi nel mondo dell’arte concettuale.
All’inizio degli anni Ottanta Ai Weiwei si trasferisce poi a New York dove studia alla Parsons School of design. Qui realizza la sua produzione artistica più ingente e si afferma finalmente come artista concettuale. Nel 1993, però, il padre si ammala e – costretto a tornare in Cina – inizia a collaborare con una comunità d’artisti cinesi d’avanguardia con cui nel 1997 co-fonda l’Archivio delle Arti Cinesi (CAAW), di cui diviene direttore. Non pago dei successi ottenuti e di aver portato in patria le novità apprese nei suoi anni a New York, nel 1999 si dedica poi anche all’architettura e nel 2000 fonda lo studio FAKE Design. Lavora così a numerosi progetti con architetti internazionali e collabora alla progettazione dello Stadio nazionale olimpico di Pechino. Nel 2008,però, dopo il catastrofico terremoto di Sichuan, Ai esprime sul suo blog numerose critiche al governo cinese, accusandolo della costruzione di edifici non resistenti che avrebbero causato la morte di cinquemila bambini. Non contento, decide quindi di denunciare anche le torture inflitte in carcere ad alcuni dissidenti politici ed attivisti per i diritti umani, provocando la dura reazione delle autorità cinesi. ll blog dell’artista viene, infatti, fatto chiudere immediatamente, il suo studio di Pechino viene demolito, lui viene accusato di evasione fiscale, e dal 2 aprile al 22 giugno del 2011 viene incarcerato con l’accusa di opposizione al regime politico cinese.
Inizia da qui la svolta nella sua produzione artistica. Dalle prime posizioni iconoclaste nei riguardi dell’autorità e della storia, come nelle serie Dropping A Han Dinasty Urn (in cui ironizza sull’arte da museo) e Studio della prospettiva (in cui saluta con il dito medio i luoghi del potere), passa ora ad un’arte più attiva ed impegnata politicamente con opere come Straight (2008-12) e Remembering (2009 ) incentrate sul terremoto cinese del 2008 e Law of the Journey ed il documentario Human Flow che, invece,denunciano la situazione mondiale dei rifugiati e dei migranti forzati.
Al di là di quale sia la forma o la protesta scelte da Ai, la sua arte inizia quindi ad indagare l’esistenza umana in relazione alle forze economiche, politiche, naturali e sociali che la governano. Il tutto mescolando quella che è la propria creatività concettuale con l’artigianato. I simboli universali dell’umanità e della comunità (come le biciclette, i fiori e gli alberi), così come i problemi perenni che le affliggono (come il problema dei confini e dei conflitti), acquistano ora però nuova forza e vengono espressi nella sua arte attraverso installazioni, sculture, film e fotografie.
Fra le sue esposizioni più importanti ricordiamo: le personali Interlacing di Parigi e According to what? di Washington nel 2012, la mostra Il giardino incantato a Palazzo Te a Mantova, le personali Ai Weiwei a Pechino (in cui ha ricostruito la sala di rappresentanza di una abitazione nobiliare della dinastia Ming) e a Londra nel 2015, la mostra Odyssey alla Zisa di Palermo nel 2017, la presentazione del lungometraggio Human Flow alla 74a Mostra Internazionale del cinema di Venezia e l’esposizione presso il Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano dell’opera nel 2022.
La Mostra Ai Weiwei Making Sense
Come abbiamo visto, Ai Weiwei è una delle figure di spicco dell’arte contemporanea e funge da esempio di libera espressione non solo per la Cina, ma anche per il resto del mondo.
Può allora sembrare strano che un museo dedicato al design come il Design Museum di Londra abbia deciso di dedicargli una mostra personale. Eppure, a pensarci bene, non lo è poi così tanto se pensiamo Ai Weiwei è sia architetto che designer e che la sua indagine artistica – da sempre stata rivolta ad indagare le dinamiche che regolano i valori dell’esistenza umana ora e nella storia – è in perfetta linea con quello che è lo scopo di un museo che si occupa di architettura e design.
Ecco allora che il Design Museum di Londra, con il suo curatore Justin McGuirk, in collaborazione con lo stesso Ai Weiwei, hanno deciso di realizzare questa grande esposizione, in cui sono messi in mostra le opere più celebri, gli oggetti collezionati dall’artista ed i nuovi pezzi commissionati per l’occasione con lo scopo di mostrare al pubblico – attraverso il design- il pensiero di Ai sui valori mutevoli della nostra società, ma anche facendo riflettere il visitatore su quali siano tali valori e su quelli che sono concetti di umanità, arte ed attivismo.
La mostra attinge e si sviluppa partendo dal fascino di Ai per i manufatti storici cinesi, ponendo il loro artigianato tradizionale in dialogo con la storia più recente della Cina fatta di uno sviluppo urbano forsennato e di una conseguente demolizione. Lo scopo dell’artista è quello di indagare – attraverso la sua collezione di manufatti storici acquistati nei mercatini di Pechino dal ’95 – sulla tensione tra la cultura materiale del passato e del presente, tra ciò che è stato prodotto a mano e ciò che è stato prodotto a macchina, tra ciò che è prezioso e ciò che è senza valore e fra ciò che vuol dire costruzione e ciò che, invece, significa distruzione. Il risultato, non è che una meditazione sui valori, su storie e abilità che sono state ignorate o cancellate e su quelle civiltà passate che, però, hanno dato forma al nostro presente.
Come si sviluppa la mostra
Come annunciato dal comunicato stampa del museo, dopo l’atrio allestito con una casa in legno della dinastia Qing (salvata dall’artista e da lui ridipinta con colori industriali ed adagiata su basi di cristallo), l’allestimento della mostra occupa un unico grande spazio suddiviso in cinque grandi campi rettangolari fatti di stoffa.
Tutti gli oggetti in mostra dagli strumenti dell’età della pietra, dai beccucci di porcellana cinese, ai mattoncini lego sono divisi infatti in cinque campi di lavoro:
Water Lilies #1
Il primo campo è invaso sul pavimento da un numero indefinito di mattoncini Lego, inviati ad Ai dal pubblico quando l’azienda danese smise di venderli all’artista dopo che questi li utilizzò per realizzare i ritratti di alcuni prigionieri politici. Sulla parete, troviamo, invece, quella che è l’attrazione più attesa della mostra: la più grande opera d’arte Lego mai realizzata. Una riproduzione delle Ninfee di Monet, nella versione monumentale del Museum of Modern Art di New York (15 metri di lunghezza) realizzata con 650.000 mattoncini Lego ed in 22 colori diversi. L’immagine del quadro è, però, modificata dall’artista che ha inserito una piccola porta, a rappresentare la porta della panchina sotterranea dove lui e suo padre, Ai Qing, sedevano quando vivevano in esilio negli anni ’60. Questo campo, infatti, non è altro che una riflessione sulla contrapposizione fra ciò che è artificiale e ciò che è artigianale
Untitled (Porcelain Balls)
in questo secondo campo, la pavimentazione è composta da 200.000 palline di porcellana fatte a mano durante la dinastia Song (960-1279 d.C.), ed utilizzate come munizioni nell’artiglieria dell’epoca. Quando Ai collezionò per la prima volta queste palline, non aveva idea di cosa fossero, solo dopo scoprì che fossero palle di cannone. In questo campo, infatti, si riflette su come oggetti a prima vista innocui, possano, invece essere utilizzati come oggetti di guerra.
Marble Takeout Box
Il terzo campo ha il pavimento ricoperto da 250.000 beccucci e pezzi di brocche di porcellana. Materiali scartati perché ritenuti imperfetti nelle fabbriche di porcellana della dinastia Song, circa mille anni fa. In questo campo, Ai trasforma alcuni di essi in sculture e fa notare la loro somiglianza con parti del corpo e ossa che associa ai frammenti di teschi e ossa provenienti dai un campo di lavoro degli anni ’50, come quello in cui fu mandato il padre in esilio. Insieme ad essi è poi esposta anche una scatola da asporto in polistirolo, ma scolpita nel marmo. Un oggetto usa e getta della vita quotidiana di milioni di lavoratori, ora reso in un materiale durevole.
Study of Perspective
Il quarto campo è composto da 4.000 strumenti di pietra del periodo neolitico posizionati sul pavimento, mentre sulle pareti si possono dodici fotografie della serie Study of Prospective , realizzate dall’artista el 1995, ed ora trasformate in stampe a pigmenti, quello che Ai considera come il linguaggio più grafico del design. In questo campo, l’artista punta il dito (medio) sui luoghi del potere di tutto il mondo.
Provisional Landscapes
L’ultimo campo della mostra presenta sul pavimento grossi frammenti di porcellana smaltata di blu, i resti delle sculture dell’artista che furono distrutte quando lo Stato cinese demolì il suo studio di Pechino nel 2018.
Sulle pareti, invece, sono esposte le fotografie dei centinaia di macerie e spazi vuoti rimasti quando, negli anni del 2000, le città cinesi sono state pesantemente riqualificate. L’artista con queste immagini , non solo ha catturano il costante stato di cambiamento delle città, ma compie una pesante critica contro il governo e la sua pratica di confisca dei terreni per la costruzione.
Terminati i cinque campi, i visitatori possono, poi, giungere ad ulteriori livelli di comprensione della mostra anche attraverso altre opere famose realizzate dall’artista cinese e presenti nella galleria.
Gli oggetti più interessanti e curiosi sono un’urna della dinastia Han decorata con un logo della Coca Cola e tutta una serie di oggetti quotidiani inutili trasformati in qualcosa di prezioso come l’elmetto di un lavoratore realizzato in vetro, un sex toys fatto di giada e tre rotoli di carta igienica (due in marmo ed uno in vetro) che ci ricordano come cose umili come la carta igienica, siano diventate preziose durante la pandemia di Covid-19.
Non mancano, infine, opere capaci di far commuovere, come il pensiero avuto dall’artista per i bambini morti nel terremoto di Sichuan del 2008. I loro nomi sono stati stampati in rosso – utilizzando timbri di giada intagliati a mano e realizzati individualmente per ognuno – su fogli di carta incorniciati, così che essi non vengano mai più dimenticati.
L’evocazione del passato e di vite scomparse ormai invisibili, è l’ultimo dei temi che pervade l’intera mostra, rendendola non solo particolarmente emozionante, ma degna davvero di essere visitata.
Fonti consultate:
- Ai Weiwei Films, aiweiwei.com, 16/04/2023;
- Humanity – Ai Weiwei, aiweiweihumanity.com, 16/04/2023;
- Ai Weiwei | Artists – Lisson Gallery, lissongallery.com, 16/04/2023;
- Ai Weiwei, treccani.it, 17/04/2023;
- Ai Weiwei: Making Sense – Design Museum , designmuseum.org, 17/04/2023;
- Rowan Moore, Ai Weiwei: Making Sense review – horror, playfulness and delight, theguardian.com, 09/04/2023;