“Sesso” è, per estensione, sinonimo di “genere”, e le questioni di genere sono oggi più che mai all’ordine del giorno nell’agenda politica mondiale. Nonostante questo, fanno ancora parecchia fatica a tradursi in provvedimenti concreti per ridurre il cosiddetto gender gap, il divario di genere, intendendo con questo termine le disparità di trattamento, in ogni ambito, tra i sessi.
Se c’è però una donna che ha fatto vacillare la rilevanza del gender gap, quella è sicuramente l’ex cancelliera tedesca Angela Merkel.
Pochi (ma buoni) dettagli biografici
Angela Merkel è nata ad Amburgo, nella Germania dell’Est, il 17 luglio 1954. Il padre era un pastore luterano, la madre un’insegnante di inglese e latino. Dal padre la giovane Angela ha ereditato senza dubbio l’avvicinamento ai valori cristiani, cui è rimasta legata fino all’ultimo giorno del suo operato: da quello deriva la sua incrollabile adesione all’Unione Cristiano-Democratica (Christliche-Demokratische Union, in breve CDU), il partito di cui è stata fin dal suo esordio in politica membro attivo e convinto. Dopo aver studiato Fisica all’Università di Lipsia, città che anni dopo fu all’origine delle manifestazioni culminate nella caduta del muro di Berlino, fu dottoranda di ricerca in chimica quantistica.
L’interesse per la politica arrivò presto e la travolse, distogliendola dall’ambito scientifico. La sua formazione, però, non ha mai smesso di avere ripercussioni importanti sul modo di affrontare la sua vita politica.
La scientificità nell’approccio alla politica: il modello Merkel
Angela Merkel, arrivata al Cancellierato nel lontano 2005, è stata la più longeva dei suoi colleghi: solo il leggendario Konrad Adenauer le si è avvicinato (1949-1963). Questo le ha dato la possibilità di porre, per il Paese, degli obiettivi di lungo periodo, nel solco della tradizione della politica tedesca dal Secondo dopoguerra in avanti. L’accuratezza della strategia merkeliana, la sua, se così si può definire, scientificità, l’ha portata a rendere la Germania il Paese più influente (e più ricco) di tutta l’Europa.
Il primo pilastro della politica estera tedesca nell’era di Angela Merkel è stato sicuramente quello europeo. L’europeismo convinto, presente già dai tempi della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (la prima delle Comunità europee fondata nel 1950), deve però essere necessariamente considerato da un punto di vista principalmente strumentale. Dalla nascita delle prime Comunità europee, quando l’adesione ad una visione comunitaria europea serviva essenzialmente a riguadagnare il titolo di grande potenza, l’europeismo è adesso strumentale perché è la Germania stessa ad essere la guida dell’Unione Europea: l’Europa serve alla Germania fintantoché quest’ultima ne può decidere le sorti.
La pace e il mantenimento di buoni rapporti tra i Paesi europei ha consentito alla Germania merkeliana di crescere a ritmi sostenuti, diventando la più importante potenza economica europea – e questo va senza dubbio attribuito alle straordinarie doti diplomatiche della Cancelliera.
In secondo luogo, l’adesione al multilateralismo ha sempre rivestito un ruolo importante nella gestione degli affari esteri tedeschi durante l’era Merkel. La logica sottostante è la medesima: la garanzia che la cooperazione tra Paesi a livello internazionale, per il successo della quale un ruolo di rilievo è rivestito dalle organizzazioni internazionali, serva a mantenere relazioni pacifiche tra gli Stati, serve a creare il giusto environment affinché questi ultimi possano dedicarsi ad aspetti di politica interna fondamentali, primo fra tutti la crescita economica. Per questo, il sostegno di Angela Merkel ai fora di cooperazione multilaterale, tra cui in particolar modo le Nazioni Unite, è sempre stato forte e deciso.
Non si può però non pensare che l’ottica estremamente rigorosa della Cancelliera non abbia sempre e comunque tenuto in considerazione gli interessi tedeschi a discapito delle conseguenze. Non è un caso se, alla luce della situazione attuale, in molti hanno pensato che il suo atteggiamento estremamente accondiscendente con la Russia, partner fondamentale per la Germania per la fornitura di materie prime essenziali per la produzione di energia, abbia indotto il presidente russo Vladimir Putin a pensare che avrebbe potuto agire a suo piacere sempre e comunque, no matter what.
Ma è impossibile pensare che la Germania sarebbe rimasta la grande potenza economica che è ad oggi se lei non fosse rimasta al Cancellierato per sedici lunghissimi anni, nei quali il Paese si è affermato a livello globale come un interlocutore fondamentale per la stabilità dell’ordine mondiale.
Cosa succederà, adesso, senza di lei? è sicuramente ancora troppo presto per tirare le somme dell’operato del nuovo Bundeskanzler socialdemocratico, Olaf Scholz. Ma di una cosa si può essere sicuri: Angela Merkel rimarrà scolpita nella storia.
Fonti consultate
S. Romano, B. Romano, Merkel. La cancelliera e i suoi tempi, Longanesi, Milano, 2021