Mi sono sempre chiesta per quale motivo nelle vecchie foto non si vedano persone sorridenti. Recentemente ho scoperto il perché.
Una motivazione è data dal lungo periodo di posa richiesto: mantenere un sorriso – spesso forzato – stampato in viso pare sia alquanto faticoso. A questo si aggiunge che l’idea dietro la foto all’epoca era quella di creare dei ritratti che preservassero l’immagine dei vivi, trasmettendola alle generazioni future. Le foto pertanto dovevano essere seriose, non divertenti, o peggio superficiali.
Adesso sai, caro lettore, perché il tuo bisnonno sembra avere le scarpe troppo strette o sembra aver scoperto che alla bisnonna piaceva fin troppo il lontano cugino dall’America.
Da quella funzione di conservazione familiare al 2002, anno in cui l’azienda finlandese Nokia annuncia il 7650, (il primo cellulare dotato di fotocamera integrata – di fatto l’inizio dell’era smartphone), la fotografia ha letteralmente mutato pelle, e non solo: la fruizione smodata delle immagini ha, a tutti gli effetti, cambiato il nostro modo di guardare la realtà (che sia fedele o con filtro).
La foto – anche se ormai non più stampata – è uno di quegli oggetti che ci restituisce le fattezze di un’epoca; un esempio è il libro fotografico titolato Un giorno nella vita della Italia, edito da Rizzoli – e quasi introvabile -, che raccoglie le foto scattate in un solo giorno del 1990 da cento tra i migliori fotografi del mondo.
Questa stessa iniziativa faceva parte di una serie di eventi replicati allo stesso modo in altre parti del mondo (Irlanda, Cina). All’interno del volume, è possibile trovare un’affermazione improbabile come questa: sdegnando i cliché, i fotografi hanno trovato un’Italia in transizione. Ma il libro di fatto è una rassegna di cliché, anche se resta la summa di un periodo.
C’è chi crede che la forza delle immagini, in quanto veicoli della maggior parte delle informazioni, potrebbe – a causa dell’impatto immediato ed emotivo del messaggio visivo – prendere il sopravvento sul concetto e sulla riflessione critica del destinatario. Io ritengo, al contrario, che sia proprio l’immagine a favorire alcune forme di apprendimento, rendendone a tutti gli effetti più efficaci i risultati e il messaggio. Un esempio potrebbero essere una serie di foto in cui mi sono imbattuta di recente del fotografo italiano Gabriele Galimberti dal titolo The Ameriguns: per realizzare il progetto, il fotografo ha viaggiato in lungo e in largo gli Stati Uniti per incontrare gli orgogliosi possessori di armi, che non hanno esitato a mostrargli le loro collezioni di armi da fuoco.
Le persone fotografate e le storie raccontate sono spesso sconvolgenti e ci offrono uno spaccato della situazione americana e una visione non propriamente comune di quello che di fatto rappresenta l’istituzione del Secondo Emendamento – che garantisce la possibilità di possedere senza difficoltà un’arma da fuoco negli USA.
Gli scatti di Galimberti non mostrano semplici amanti di pistole, ma vere e proprie ossessioni. Ciò che più inquieta è la varietà di etnie ed estrazioni sociali: non troverete il solito bianco di mezza età con l’accento texano, ma dirigenti straricchi, il rapper ed influencer di mitra o la giovane coppia che condivide l’amore per i proiettili.
La fotografia, pur essendo una delle più giovani tra le arti, ha una potenzialità tendente all’infinito: c’è chi ne stravolge la forma, manipolandone i contenuti come l’artista giapponese Kensuke Koike, alla ricerca delle sfumature dell’inconscio.
. Koike utilizza le fotografie dimenticate e senza autore, dando loro vita nuova ed esiti inaspettati: le sue foto saranno alla mostra Sensorama al MAN di Nuoro fino ad ottobre.
C’è anche chi come Mous Lambarat pone invece al centro del suo universo artistico la bellezza, affiancandola ad un forte senso di speranza.
Il suo lavoro è una fusione di grazia ed umorismo, tramite le quali crea nuove potenti narrazioni su questioni delicate come il razzismo, la religione e i diritti delle donne. Fino al 16 ottobre sarà in mostra al Foam di Amsterdam con Blessings from Mousganistan.
Questa settimana su zirmazine approfondiremo l’argomento: Anna Mallamace, ad esempio, ci ha raccontato le cinque personalità fotografiche più importanti del secolo scorso, mentre Adele Samarelli ci parlerà del fondamentale ruolo delle immagini negli scenari di guerra.