La via punk dell’Islanda

*foto in copertina – credit: Naomi Rahim Copyright – ©2019 Naomi Rahim


Proprio in questi ultimi giorni sto leggendo le lettere che una viaggiatrice di epoca vittoriana – tale Isabella Bird – scrisse alla sorella Henrietta dagli straordinari luoghi che visitò nel corso della sua lunga ed avventurosa vita. Una delle storie più affascinanti riguarda le tredici ore di trekking che la portarono alla sommità del vulcano spento Mauna Kea nelle isole Hawaii. È entusiasmante scoprire quanto coraggio risiedesse in una donna di quell’epoca – che, per la cronaca, è stata persino in grado di trascorrere la notte accampata all’estremità del cratere del più grande vulcano del mondo, il Mauna Loa. Le lettere (che vi suggerisco di leggere – Isabella Bird, The Hawaiian Archipelago) mi hanno fatto ripensare alla bellezza selvaggia di alcuni territori del globo. Chissà se l’impavida Bird avrebbe sfidato la rigidità del clima e del paesaggio di un luogo altrettanto famoso per i suoi numerosissimi vulcani come l’Islanda

L’Islanda – piccola isola all’estremo nord atlantico – è celebre per la bellezza selvaggia dei suoi paesaggi, il clima rigido e l’elevato tasso di alcolismo della sua popolazione. La prima ministra Katrín Jakobsdóttir, bella come un’aurora boreale, guida il Paese dal 2017 con una coalizione di sinistra. E fin qui tutto nella norma.

Katrín Jakobsdóttir


L’Islanda è un Paese piuttosto virtuoso, soprattutto nel campo delle scelte climatiche – circa il 85% dell’energia utilizzata nel Paese proviene da fonti rinnovabili, come l’energia geotermica e idroelettrica. Roba da matti. Oltre ad essere uno dei pochi Paesi al mondo ad aver raggiunto la neutralità delle emissioni di carbonio, grazie a una combinazione di fonti rinnovabili e tecnologie di sequestro del carbonio. Persino, la pesca commerciale – settore in grave crisi ovunque nel mondo – continua a prosperare nei mari intorno all’isola del nord. Pare che l’Islanda sia l’unico Paese al mondo a contrastare il sovrasfruttamento dei mari, limitandone la pesca.
Mi pare ovvio che dovrò rinunciare ad un articolo di denuncia contro cotanto esempio di virtù.

Vi racconterò pertanto un episodio – oserei dire altrettanto virtuoso – della storia politica islandese; vi racconterò di quella volta in cui un attore comico, capo di un partito satirico-politico, divenne il sindaco della capitale islandese Reykjavik.  Il premier ucraino Zelensky non è il solo, ed evidentemente non il primo, attore diventato uomo politico influente. 

Sto parlando di Jón Gnarr, il comico che si era candidato alle elezioni della capitale islandese, approfittando della crisi economica nazionale nel 2008 e che ottenne la maggioranza dei voti – il 34,7% – nelle elezioni del 2010.

Jón Gnarr

Il partito di Gnarr, Besti flokkurinn – il Best party – è nato per scherzo nel suo programma televisivo ed è stato da lui descritto non come  un partito politico ma un gruppo di auto-aiuto democratico. Il party si basava, a detta del comico, su una piattaforma di onestà e integrità, empatia, comunicazione non violenta e divertimento. 

Gnarr non aveva ovviamente alcuna esperienza politica. Nel suo libro Gnarr! racconta che durante la campagna elettorale, incontrò Hanna Birna Kristjánsdóttir, il sindaco in carica all’epoca, nel backstage di un talk show e non aveva idea di chi fosse.

Il logo di Besti flokkurinn era una parodia, un’immagine clip-art di un pollice in su. E Gnarr stesso scrive nel suo libro: Abbiamo scelto la tipografia più brutta e le combinazioni di colori più orrende, con lo scopo dichiarato di ridicolizzare la politica professionale.

Il logo di Besti flokkurinn

Considerata la pessima performance nei dibattiti politici in TV, Gnarr e i suoi erano certi che la festa fosse finita. Ma i sondaggi continuavano a parlare a suo favore. 

Reykjavik era sull’orlo della bancarotta quando Gnarr ricoprì la carica di sindaco. Non aveva nessun tipo di esperienza politica e,durante la campagna elettorale, i commentatori islandesi avevano tentato di neutralizzare la minaccia rappresentata dal Besti flokkurinn sminuendone l’unicità; tutti erano convinti che  si trattasse di un tipico partito di protesta, che seguisse la scia del Pirate Parties International – un grande partito politico alternativo con status di organizzazione non governativa, che di fatto non funziona. 

Con grande stupore di tutti, Gnarr si mise al lavoro e iniziò a svolgere il suo compito. La prima cosa da fare era una sola: rompere tutte le promesse elettorali. Accorpò le scuole per tagliare i costi dell’istruzione. Licenziò i lavoratori del settore pubblico e aumentò tutte le tasse di servizio.

Gnarr in abiti da Pussy Riot al Gay Pride del 2011

I cittadini di Reykjavik erano furiosi.

Da quando il suo incarico è finito, Gnarr ha sciolto il Besti flokkurinn, visto che in ogni caso doveva essere solo un’idea, un’occasione di protesta piuttosto che una realtà funzionante.

Quattro anni di governo anarchico hanno lasciato un bilancio piuttosto inaspettato: Gnarr e i suoi hanno risanato le finanze, lasciato in eredità dozzine di chilometri di piste ciclabili, un piano per la rete dei mezzi pubblici, una nuova organizzazione scolastica, finanziato giovani artisti e rinvigorito il turismo della città.

L’esperimento politico gestito di Gnarr, nonostante le controversie suscitate, ha dato la possibilità ai cittadini islandesi di interrogarsi sullo strumento democratico; ed è in questo contesto di riflessione e protesta che è nata nel maggio del 2010, Betri Reykjavik, o Migliora Reykjavik, la piattaforma di coinvolgimento online della città di Reykjavik.

Il sito web offre l’opportunità di presentare idee e soluzioni originali a livello comunale. I cittadini di Reykjavik hanno l’opportunità di presentare e discutere  proposte e idee politiche.

La mia domanda è: così si fotte il sistema?

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