Come spiegare un’epoca a chi non l’ha vissuta? Come raccontare alle nuove generazioni la sensazione di nostalgia che il ricordo di un periodo storico può suscitare?
Oggi chiunque, grazie ad internet, può fare ricerche e scoprire cosa andava di moda, che musica si ascoltava, come ci si vestiva, e gli eventi storici che hanno segnato il decennio del secolo scorso. Ma conoscere le speranze e le paure può farlo solo chi c’era. È un po’ come quando si chiede a persone appartenenti a diverse generazioni quale sia il periodo più bello della propria esistenza. Quasi tutti risponderanno dicendo infanzia o gioventù.
Un esempio fresco fresco di questo effetto nostalgia che – presto o tardi – ci attanaglia tutti, è stata una recente partecipazione di Ambra Angiolini ad X Factor. Esibendosi con T’appartengo – suo celebre cavallo di battaglia – ha scatenato uno tsunami emotivo in tutti coloro che sono stati adolescenti nella decade fra il 1990 ed il 1999. In quell’istante, la canzone della star di Non è la Rai è diventata il simbolo di un’epoca. Siamo tutti ritornati ai tempi del Cioè, dei Nirvana, di Beverly Hills 90210, del Tamagotchi, di MTV, delle dr. Martens, dei jeans Levi’s indossati a ritmo della Boombastic di Shaggy, di Sailor Moon e del film Titanic.
Gli anni ’90, nell’immaginario collettivo, sono un’epoca mitica per tutti. Ma cosa li ha resi tali? E soprattutto, lo erano davvero?
Gli Articolo 31 nel pezzo 2030 cantavano: Tanta nostalgia degli anni ’90, quando il mondo era l’arca e noi eravamo Noè, era difficile, ma possibile. Non si sapeva dove e come, ma si sapeva ancora perché.
Forse perché gli anni ’90 sono stati un decennio di progresso e innovazioni tecnologiche: una luce in fondo al tunnel. Quasi come il boom economico e il benessere degli anni ‘50 -’60.
Gli anni ’80 si conclusero con un evento storico importantissimo, preludio e spartiacque fra due epoche: la caduta del muro di Berlino. Al 1989 seguirono una serie di eventi fondamentali: le dimissioni di Margaret Thatcher, la fine dell’URSS, la nascita dell’Unione Europea e l’abbattimento delle barriere economiche fra gli stati europei. Il decennio post Guerra Fredda, a cui diedero vita, avrebbe cambiato per sempre l’assetto europeo.
Se questo mutava, anche gli Stati Uniti – e quindi tutto l’Occidente e il mondo – non erano da meno. L’elezione di Bill Clinton, primo presidente democratico, dopo ben dodici anni, era riuscita a porre fine alle politiche liberiste e imperialiste volute da Reagan e Bush Sr. e a dar vita allo sdoganamento – in Europa e negli USA – del neoliberismo democratico. Tutto il decennio, dunque, ha favorito una maggiore attenzione al multiculturalismo, al progresso della libertà individuali e di stampa (con la nascita dei media alternativi), ma soprattutto all’aumento del commercio internazionale, grazie all’approvazione dell’Accordo di libero scambio nordamericano (NAFTA) del ‘94 e alla formazione dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) nel ‘95.
Tutto questo influì enormemente anche sulla cultura musicale con l’affermazione di generi come grunge, eurodance e hip-hop, che spopolarono tra i giovani di tutto il mondo grazie soprattutto alla diffusione della tv via cavo e alla nascita di internet. I grandi progressi nella tecnologia informatica sono stati il motore pulsante di quest’epoca: nel ‘91 il CERN annunciò la nascita del World Wide Web (con la conseguente nascita dell’ e-mail, delle chat room e dei motori di ricerca) e, quasi in contemporanea, avvenne l’evoluzione del microprocessore Pentium.
Esplose anche l’industria dei videogames, soprattutto grazie alla nascita della grafica 3D e del CD-ROM, e si affermarono famosissime console come la Playstation, capace di competere sul mercato con grandi colossi come quelli della musica e del cinema.
In questi anni, la scienza fece enormi passi in avanti, come i primi studi di terapia genica, la prima clonazione e il progetto sul genoma umano. Mentre, sul fronte ambientale si inizia a parlare di regolarizzazione dell’uso del carbonio nelle imprese, di lotta agli inquinanti organici persistenti e nel ’97 – con gli accordi del Protocollo di Kyoto – di salvaguardia ambientale e la lotta al surriscaldamento globale.
Il neoliberismo democratico (e la convinzione che fosse la massima ambizione politica della società) e la fine della Guerra Fredda avevano portato al consolidamento del potere economico e politico in quasi tutto il mondo, ad una maggiore attenzione ai diritti civili in diversi Paesi e – grazie alla continua mobilitazione di capitali nei mercati mondiali – alla prosperità economica e ad un conseguente aumento nel numero della popolazione mondiale.
Questo periodo storico, suggellato da grandi progressi – come la realizzazione di un canale sotto la Manica e la missione Pathfinder su Marte – però, non è stato tutto rose e fiori. Ha anzi anticipato di fatto quelli che sarebbero stati i mali del nuovo millennio.
Ovviamente, l’Italia non fu dispensata dai grandi stravolgimenti che mutarono il mondo di quegli anni: crollarono storici partiti come la DC e il PSI e – con l’avvento dell’inchiesta Mani Pulite – finì l’esperienza della Prima Repubblica. Ma anche – e soprattutto – questi furono gli anni maledetti delle stragi di Capaci e di via d’Amelio e dell’esordio politico del burattinaio dell’ultimo trentennio Silvio Berlusconi.
Cosa resta di quei mitici Novanta?
Certo, non sono stati perfetti. A ben rifletterci, a sancire il definitivo crollo dell’illusione è stato l’attentato al World Trade Center dell’11 settembre 2001.
Li rimpiangiamo tanto perché, in fondo, ci donavano un senso di speranza, stabilità e ottimismo verso il futuro di cui, soprattutto oggi, avremmo enormemente bisogno.