“Voglio essere la pittrice del mio paese“, così scrisse Tarsila do Amaral, pittrice e disegnatrice brasiliana considerata una delle più importanti esponenti dell’arte modernista del Brasile. Appartenente al Grupo dos Cinco, fu autrice del famosissimo dipinto Abaporu che diede origine alla formazione del movimento antropofágico, rendendola punto di riferimento per le artiste donne che l’hanno considerata una figura centrale nella modernizzazione dei movimenti artistici in America Latina.
Vita
Tarsila do Amaral nasce a Capivari nel 1886 (nello Stato di São Paulo), da una famiglia benestante che possiede diverse aziende agricole e piantagioni di caffè, in cui Tarsila trascorre l’infanzia. Riceve, quindi, un’educazione borghese e di impronta filo francese, in linea con l’atmosfera culturale dominante, ancora influenzata dal periodo imperiale. Dopo gli anni in collegio a São Paulo, i suoi genitori la iscrivono al Colegio del Sagrado Corazon di Barcellona, dove ha i suoi primi contatti con la pittura.
Al suo ritorno da Barcellona, nel 1906, Tarsila sposa il medico André Teixeira Pinto. Il marito, però, ostacola i suoi interessi artistici e desidera che lei sia solo moglie e madre di Dulce, la loro unica figlia. Ben presto, ciò porta la coppia alla separazione e Tarsilia, nel 1917 può, finalmente, studiare arte. Inizia con la scultura presso Zadig, e prende lezioni di disegno e pittura, prima, nello studio del pittore naturalista Pedro Alexandrino, dove conosce la pittrice Anita Malfatti e poi con il maestro il tedesco Georg Fischer-Elpons. Con una formazione in pianoforte, scultura e disegno, Tarsila lascia il Brasile nel 1920 e si reca a Parigi, dove frequenta l’Académie Julian e l’atelier di Émile Renard.
Nonostante a Parigi venga in contatto con le nuove tendenze artistiche e le avanguardie, aderisce, però, alle idee moderniste solo dopo il suo rientro in patria nel 1922. A São Paulo viene presentata da Anita Malfatti ai modernisti Oswald de Andrade, Mário de Andrade e Menotti Del Picchia che, prima del suo ritorno, avevano promosso il festival delle arti intitolato Semana de Arte Moderna, evento importantissimo per lo sviluppo del modernismo in Brasile. Con una serie multidisciplinare di conferenze e mostre, infatti, essi provarono a modificare lo stile artistico nazionale incoraggiando la formazione di uno stile originale che unisse elementi europei e autoctoni della cultura brasiliana. Tarsila, entusiasta per lo spirito dell’evento, si unisce a loro nel 1923 ed insieme formano il Grupo dos Cinco. Nello stesso anno si fidanza con Oswald de Andrade e torna a Parigi.
Nella capitale francese rientra in contatto con i cubisti, frequenta l’accademia di André Lhote ed incontra Fernand Léger che ebbe un’influenza significativa sullo stile pittorico che nasce proprio a seguito di questa fase, da lei ribattezzata il “servizio militare nel cubismo”. Nel 1924 con de Andrade intraprende un viaggio per tutto il Brasile che le permette di entrare in contatto con le varie realtà locali, da cui trae ispirazione per creare una forma d’arte tutta brasiliana.
In questo periodo, da una serie di disegni con cui illustra le poesie del marito Oswald de Andrade, intitolata Pau Brasil (nome del legno brasiliano più esportato nel periodo coloniale), nasce un omonimo manifesto artistico. Qui, de Andrade sottolinea come la cultura brasiliana fosse il risultato di modelli di origine europea ed esorta gli artisti brasiliani ad avvicinarsi allo stile modernista per creare un’arte completamente autoctona, espressione autentica del Brasile da esportare nel mondo. In linea con il manifesto, Tarsila modifica, quindi, la scelta dei suoi colori, ora, più intensi per trasmettere l’abbondanza cromatica delle ambientazioni e dei soggetti tropicali brasiliani ed, oltre ai soggetti naturalistici, si interessa alle manifestazioni della modernità e del progresso tecnologico in Brasile.
Nel 1926 sposa de Andrade e nello stesso anno realizza la sua prima esposizione personale, alla Galleria Percier di Parigi. Questi sono gli anni in cui la sua produzione è all’apice, ma l’anno cruciale per la sua carriera è il 1928, quando per il compleanno del marito dipinge l’opera Abaporu (l’antropofago). Il titolo dell’opera, suggerito da de Andrade, fu origine ed ispirazione per la nascita del Movimento Antropofágico, in cui lo stesso de Andrade proponeva alla cultura brasiliana di fagocitare ed assorbire le influenze straniere per estrarne gli elementi utili alla costruzione di caratteri originali e nazionali.
Arriva il 1929 e Tarsila espone, finalmente, per la prima volta, in Brasile, ma la sua famiglia è costretta a chiudere l’azienda di caffè a causa del crollo della borsa di Wall Street ed il marito si separa da lei per sposare la scrittrice Pagu. Seppur disperata, Tarsila non si demoralizza e ottiene, nel 1930, l’incarico di curatrice presso la Pinacoteca do Estado de São Paulo, dove dà inizio all’organizzazione della collezione del primo museo di arte paulista. Viene, però, licenziata con l’avvento al potere di Getúlio Vargas. Si avvicina, quindi, al comunismo e nel 1931, si reca in Unione Sovietica con il suo nuovo marito, lo psichiatra e militante comunista Osório César. La coppia va a Mosca, Leningrado, Odessa, Costantinopoli, Belgrado e Berlino e torna, poi, a Parigi. Qui Tarsila si accorge dei problemi della classe operaia. Soprattutto, quando, senza soldi, lavora come muratore e pittore di porte e pareti. Riuscita, finalmente, a racimolare i soldi necessari, torna in Brasile nel 1932, dove, inizialmente, a causa della sua vicinanza al comunismo, viene incarcerata un mese perché sospettata di essere una sovversiva. A questa fase risalgono le opere di tematica sociale, mentre, a partire dagli anni ‘50, ritorna ad uno stile pittorico più simile a quello della sua produzione degli anni venti.
Espone alla 1a e alla 2a Biennale di San Paolo ed è omaggiata con una retrospettiva al Museo di Arte Moderna di São Paulo (MAM) nel 1960. Nel 1963 le viene dedicata una sala alla Biennale di São Paulo e nell’anno successivo espone anche alla 32ª Biennale d’arte di Venezia.
Nel 1965 rimane paralizzata, a causa di un errore medico durante un intervento chirurgico alla colonna vertebrale e nel 1966 perde la figlia Dulce, a causa del diabete. Disperata, Tarsila si avvicina allo spiritismo. Muore nel 1973 presso l’Hospital da Beneficência Portuguesa di San Paolo. Il 20 novembre 2008 Tarsila do Amaral è stata premiata dall’Unione Astronomica Internazionale che ha dato il suo nome ad un cratere di Mercurio e sempre in quell’anno tutte le sue opere sono state catalogate dalla Pinacoteca di Stato di San Paolo, nei tre volumi del catalogo Raisonné Tarsila do Amaral. Nel 2018 il MoMA ha aperto una mostra personale delle sue opere.
ARTE E OPERE
Tarsila do Amaral, pioniera del modernismo in Brasile, è considerata l’artista brasiliana che meglio ha concretizzato l’aspirazione del Brasile all’espressione di uno stile modernista nazionale. Agli inizi, nonostante studi di scultura e pittura presso artisti valenti, la sua formazione è molto conservatrice. Il Brasile, infatti, fin dopo la seconda guerra mondiale, era privo di un museo d’arte pubblico, ed il mondo artistico brasiliano era esteticamente conservatore ed in parte escluso dalle tendenze avanguardistiche europee.
Quando Tarsilia giunge a Parigi, conosce finalmente le nuove tendenze artistiche, le avanguardie ed il modernismo. Questa fase, da lei stessa ribattezzata il “servizio militare nel cubismo”, le permise di formare il suo stile pittorico, caratterizzato da linee sintetiche, volumi sensuali, colori vivaci e paesaggi e scene vernacolari. Ma la spinta a lanciarsi verso uno stile modernista arriva solo con l’ingresso nel gruppo dei 5 che la stimola, durante il suo breve ritorno a Parigi nel 1923, ad avvicinarsi ulteriormente a cubismo, futurismo ed espressionismo. Avanguardie che filtra e rielabora in uno stile proprio.
È solo grazie ad artisti come André Lhote, Fernand Léger e Albert Gleizes, che avevano sviluppato un grande interesse ed ispirazione per le culture africane e primitive, che Tarsila decide di utilizzare le forme indigene del proprio paese ed i suoi esuberanti colori, a cui incorpora influenze surrealiste e cubiste.
Dipinge così l’opera A Negra (1923) che segna il suo passaggio al modernismo. Il soggetto principale del dipinto è una grande donna afro-brasiliana dall’unico seno prominente che Tarsila stilizza e appiattisce, riempiendo lo sfondo con forme geometriche. Entusiasta dello stile appena sviluppato e sentendosi sempre più nazionalista, tornata a casa, in seguito al viaggio per tutto il Brasile compiuto con de Andrade nel 1924, va, quindi, alla ricerca delle proprie origini in una graduale presa di coscienza della propria identità culturale.
Questo viaggio, infatti, le permise di esplorare la varietà della cultura indigena, da cui trarre ispirazione per la sua arte. Nasce, così il periodo Pau Brasil, derivato proprio da una serie di opere che realizzò per illustrare il libro di poesie che De Andrade scrisse durante il loro viaggio e che diede origine all’omonimo Manifesto modernista del poeta. Durante questo periodo, i colori di Tarsila diventano più vibranti e l’artista ritrae una delle caratteristiche più sottovalutate del Brasile: l’elemento primitivo e naturista.
Riprende così le tradizioni e le leggende, come nel dipinto A Cuca che racconta la leggenda brasiliana di un cannibale travestito da donna che rapisce i bambini disubbidienti o raffigura i paesaggi, i popoli , le tradizioni e lo sviluppo industriale del Brasile, in dipinti meravigliosi come EFCB (Ferrovia Centrale del Brasile), Carnevale a Madureira e Morro da Favela.
Ma l’anno cruciale della sua carriera è il 1928, quando per il compleanno del marito realizza la sua opere più nota Abaporú (antropofago in lingua Tupí-Guraraní). L’opera doveva essere qualcosa fuori dal comune, dipinge una figura umana mostruosa dalla testa piccola, le braccia lunghe, le gambe enormi piegate, seduta vicino a un cactus così alto da sfiorare il sole. Con esso dà vita ad una nuova poetica culturale modernista, che si concretizza con il Manifesto Antropofago di de Andrade, di cui Abaporu è la copertina.
Come Tarsilia che dopo essere stata esposta alle avanguardia, tornata in Brasile, crea una pittura nuova che incorpora la lezione delle avanguardie alla sua arte nazionalista, il movimento, basandosi sulle idee del precedente movimento Pau Brasil, invita gli artisti brasiliani ad appropriarsi degli stili e delle influenze europee per sviluppare modalità e tecniche che fossero unicamente loro e brasiliane. L’esortazione è, dunque, quella di divorare la cultura europea, invece di esserne divorati. Di assorbire e trasformare e non di imitare.
Tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’30, Tarsila dipinge anche altre figure in stile antropofagico, spesso ambientate in paesaggi surrealisti, come in Anthropophagia (1929) raffigura l’esuberanza del paesaggio brasiliano: due corpi si stagliano sullo sfondo di un paesaggio tropicale, il sole è fatto a spicchi, una delle due figure intrecciate è l’Abaporu che siede vicino all’altro, con cui si intreccia, seppur le due sagome restano separate. Essi sono il cannibale e l’europeo, vicini ma distinti. Il suo corpus di opere più influenti di risale proprio a questo primo periodo, quando i suoi dipinti e disegni sono diventati le icone visive dell’identità moderna del Brasile. In questa fase ha utilizzato animali e paesaggi immaginari, oltre a colori forti.
Negli anni ‘30 con il divorzio da de Andrade, il suo approccio all’arte cambia in modo significativo. Ciò è visibile già in Lonely Figure (1930), un autoritratto metaforico dalla sorprendente semplicità, che raffigura una donna di spalle, di fronte alla sublime immensità del paesaggio, mentre i suoi capelli si estendono fuori dall’inquadratura. Ma è con il viaggio in Unione Sovietica nel 1931 che abbandona le rappresentazioni fantasiose della natura per un’arte più impegnata. Colpita dalla pittura socialista realista e dalla povertà e la del popolo russo , diventa marxista e negli anni ‘30 e ‘40 si concentrata su temi sociali. Nascono così opere come Segunda Classe (1931), in cui raffigura una famiglia operaia davanti un vagone e Operários (1933), grandi tele con cui sottolinea la diversità razziale e le condizioni spesso miserabili della moderna società industriale.
Negli anni ’50 Tarsila torna ai paesaggi della fase pau-brasile, stile che utilizza fino alla fine morte. Lascia in eredità oltre ai 230 dipinti, centinaia di disegni, illustrazioni, stampe, murales e cinque sculture, che hanno avuto un grande impatto sull’arte latinoamericana.
Molti artisti brasiliani, infatti, sono stati influenzati da lei e dal movimento antropofagico: gli appartenenti al movimento Tropicália, come il musicista Caetano Veloso e artisti come Lygia Clark e Hélio Oiticica che ispirati da Tarsilia do Amaral, hanno creato un moderno vocabolario brasiliano delle arti visive, toccando non solo la pittura, ma anche la letteratura, la musica, la moda ed il teatro.
Fonti consultate
Tarsila do Amaral, moma.org;
Biografia Tarsila do Amaral, tarsiladoamaral.com;
Tarsila do Amaral, hisour.com;
Tarsila do Amaral, wikiart.org;
Tarsila do Amaral, Britannica.com;
Tarsila do Amaral, awarewewomenartists.com;
Il modernismo di Tarsila do Amaral, dal Brasile a New York, skyarte.it;
Silvia de Santis, “Tarsila de Amaral: Inventing Modern Art in Brazil”, al Moma di New York in mostra la pittrice che insegnò ai brasiliani ad essere “cannibali”, huffingtonpost.it.