Non esiste al mondo un luogo che al giorno d’oggi ci incuriosisce di più della Cina, guidata con pugno di ferro dal leader del Partito comunista cinese Xi Jinping. Sarà perché l’avvento della pandemia da COVID-19, che si ritiene abbia avuto origine nella città cinese di Wuhan, ha focalizzato ancora di più l’attenzione su quello che i cinesi chiamano, non a caso, l’impero del centro. In realtà è già da diverso tempo che i radar occidentali sono puntati verso oriente in direzione cinese, e non è difficile capire per quale motivo.
Per anni la Cina ha visto infatti una importante double-digit economic growth grazie all’importante processo di industrializzazione portato avanti dalle amministrazioni che si sono susseguite dagli anni ’60 in avanti. Il COVID ha tuttavia avuto degli effetti disastrosi sull’economia cinese, anche e soprattutto a causa dei diffusi e prolungati lockdown imposti alla popolazione, tali da far raggiungere un ben misero 3% nel 2022.
I risultati economici non troppo positivi daranno non pochi grattacapi al presidente Xi Jinping, in carica dal 2013, che per questo motivo sta cercando di divergere l’attenzione verso altre tematiche, quali, ad esempio, i rapporti con la comunità internazionale. E quando si parla di comunità internazionale, emergono, tra tutti i Paesi che ne sono parte, sicuramente gli Stati Uniti.
La rivalità evidente tra le due potenze si manifesta in talmente tanti campi che è difficile enumerarli tutti senza risultare alquanto pedanti.
Senza dubbio, tuttavia, non si può trascurare di menzionare, in primo luogo, il supporto cinese alla Russia nella vicenda ucraina, non da ultimo ribadito qualche giorno fa dalle autorità cinesi e malvisto dall’amministrazione americana. Il conflitto ucraino ha infatti consentito alla Cina di ottenere dall’Orso materie prime a prezzi stracciati (ci si passi il termine), cosa che è in qualche modo è andata a sopperire ai mancati proventi derivati dalle sanzioni imposte alla Russia, in particolar modo di quelle europee.
Non ci possiamo inoltre dimenticare come non troppo tempo fa Hong Kong, regione amministrativa cinese dal 1997 e fino ad allora sotto controllo britannico, abbia conosciuto un peggioramento delle condizioni dei diritti sociali, economici e politici che ha portato a violente proteste, in particolar modo dal 2019, represse brutalmente dall’amministrazione filo-pechinese. Tali proteste hanno infatti visto una presa di posizione particolarmente forte da parte degli Stati Uniti, che non hanno esitato a promulgare addirittura una legge sulla promozione dei diritti umani e della democrazia sul territorio della regione.
Ma lo zoccolo duro dello scontro è senza dubbio rappresentato dall’isola di Taiwan, oggetto di una contesa ormai lunga quasi un secolo. Proprio sull’isola, infatti, si rifugiò il governo nazionalista cinese dopo la presa di potere da parte dei comunisti nel 1949; da allora, uno degli obiettivi principali di Pechino è riappropriarsi dell’isola, punto strategico per la protezione delle coste e dello heartland cinese. Negli anni il confronto si è fatto sempre più aspro, e il transito di navi da guerra statunitensi nello stretto non aiuta di certo.
Questa settimana su zirmazine avrete modo di approfondire la conoscenza con l’impero di mezzo, nel corso dei secoli, e di scoprire cosa ci riserva il buon vecchio Xi per il futuro. Non perdetevi nulla!