Ecco come sono andate veramente le cose […]. I Sarcófago veri sono, per me, la band che ha registrato I.N.R.I. [1987]. Eravamo davvero giovani quando abbiamo inciso quell’album, io potevo avere 16 o 17 anni allora. Eravamo talmente folli e scatenati che i nostri genitori dovettero separarci e spedirci in differenti città del Brasile, a più di 550 km l’uno dall’altro.
Wagner Lamounier, 2012 circa
Nel 1985, nella città brasiliana di Belo Horizonte, nascono i Sarcófago, un gruppo metal estremo i cui membri sono tutti adolescenti e il cui genere verrà definito dagli stessi come black. Il loro primo album, I.N.R.I. (1987), astrattamente e se ascoltato d’impatto, ricorderebbe oggi certe sonorità soprattutto del death successivo, persino in alcuni passaggi del technical death. Ma loro si definirono black e a conti fatti hanno influenzato direttamente quella seconda ondata, di matrice per lo più norvegese, cui tutti pensano quando sentono parlare del genere. I Sarcófago appartengono, si dice oggi, alla first wave del black metal, cioè a quella prima ondata del sottogenere (nella sua globalità) che l’orecchio di oggi è portato a caratterizzare ormai altrimenti, vuoi per i suoi lati tecnici ormai e naturalmente inquadrati entro la scena più ampia del metal tout court (strumentazione, armonia, tempo, peculiarità tonali dei riff e ritmiche dei beat, ecc.), vuoi perché la seconda ondata ha contribuito in parte a definire tali categorizzazioni interne, infine perché a posteriori vengono notati diversamente gli aspetti tanto d’insieme che particolari (diversamente che sul momento, non necessariamente meglio: semplicemente due differenti prospettive). La loro influenza, tanto musicale (blastbeats soprattutto, ma ci torneremo) quanto iconografica (corpsepaint e più cuoio nero, chiodi e spuntoni, cinture di proiettili, croci capovolte e blasfemia, ai tempi, scioccante) sulla scena black metal norvegese successiva potrebbe avere un che di ironico se si considera il disprezzo mai nascosto da Wagner Lamounier (frontman, cantante e successivamente anche chitarrista del gruppo) per band come i Mayhem, gli Emperor e così via (per non parlare poi di Burzum, che definiva semplicemente shit). In una delle sue dichiarazioni più contenute dirà che:
[Quei] ragazzetti scandinavi tentarono di copiare quel che i Sarcófago avevano fatto in Sud America nel 1984 e ’85. Immagini cimiteriali, blastbeat, corpsepaint, spuntoni, catene, croci capovolte, la blasfemia e la profanazione di Cristo e simboli religiosi e chiese […] esprimevano la nostra rivolta contro l’oppressione cattolica/religiosa e politica e lo sfruttamento dei poveri, [cioè contro] cose che qua hanno ucciso e continuano a uccidere gente
Quello insomma che in due parole veniva riassunto a volte, tramite focalizzazione, nell’etichetta abusata di testi satanici, con tutto il corollario iconografico relativo oggi ben noto e ai tempi non completamente nuovo se non per quanto segnalato, ma con una differenza di intento e sostrato rispetto ai norvegesi, come si vede, ben diversa. L’estremizzazione di iconografia e vestiario (in particolare, mi sentirei di dire su due piedi, spuntoni e/o chiodi lunghi e aguzzi e cinture di proiettili sono state novità a loro peculiari riprese per un certo periodo dalla scena norvegese successiva) andava semplicemente di pari passo con quella musicale: caratteristica saliente della band fu l’invenzione di quel tipo di beat conosciuto oggi come blastbeat, per mano del batterista Eduardo D.D. Crazy, con Lamounier che aggiunge:
[Eduardo] lo chiamava “bateria metralhadora”, che in portoghese vuol dire “beat mitragliatrice”, non blastbeat come lo chiamano oggi. Credo che abbia preso la batteria di Sepulchral Voice dei Sodom e l’abbia messa a 45 giri o più veloce e così è nato questo beat!
Prima di ascoltare due pezzi, chiuderei con una nota interessante. Come ben si sa, metal e punk vantano comuni origini e non sono certo pochi i sottogeneri dell’uno e dell’altro in cui siano presenti reciproche contaminazioni o influenze o interposizioni e via, soprattutto musicalmente parlando. Eppure come – di nuovo – si sa, tra gli amanti dei due generi non corre spesso buon sangue, sia per motivi musicali che ideologici (lunghissima questione che non voglio affrontare qui). La nota interessante non è certo la mia (che ve ne dovrebbe poi importare, appunto) ma quella per l’ennesima volta di Lamounier, che sul punk e sui punk dice:
I punk sono più ancorati alla realtà, conoscono i problemi del mondo reale e lottano contro di essi. I metallari sono più coinvolti in problemi “spirituali” e forse sono più estranei ai problemi reali che dobbiamo affrontare su questo stupido pianeta. […] Noi [come Sarcófago] abbiamo avuto buoni rapporti e nutriamo stima nei confronti del movimento punk e hardcore perché abbiamo alcune bandiere comuni contro cui combattere, come la religione e la manipolazione politica della gente da parte del governo e dei predicatori.
E dunque che pezzi sceglierò a chiusura? Questi due dove la bateria metralhadora, quando utilizzata (più estesamente nel primo, meno nel secondo), assume il sapore tecnico di variazione ritmica interna. Enjoy!