La diplomazia culturale e la politica estera: l’esempio italiano

Molti pensano che gli strumenti di potere in mano agli Stati per il raggiungimento dei loro obiettivi siano solo ed esclusivamente di tipo coercitivo. Questo è stato vero per lunghissimo tempo, almeno fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale, al termine della quale, viste le atrocità commesse in tale occasione, si è giunti alla conclusione che la guerra non fosse, o perlomeno non potesse più essere, uno strumento di risoluzione delle controversie. Per questo motivo, da quel momento in avanti nuovi e più sottili strumenti di convincimento sono stati pensati per sopperire alle crepe, se così si può dire, che si aprono nelle relazioni tra gli Stati.

Se la diplomazia è sempre stata presente, ed è sopravvissuta, nel corso dei secoli, intatta nel perseguire lo scopo, una sua versione si è più recentemente affermata come potente mezzo da utilizzare, da parte di uno Stato, per attirare a sé altri partners e alleati: la diplomazia culturale.

L’evoluzione del ruolo della diplomazia nel tempo

La cultura italiana è sempre stata un punto di riferimento, fin dalle sue origini. La fama degli artisti e degli scrittori italiani risale a tempi antichissimi, e le origini della cultura italiana coincidono con gli albori delle antiche civiltà. Greci e romani, nonché altre popolazioni prima di loro e insieme a loro, hanno contribuito con i loro lasciti culturali e artistici a rendere il nostro Paese uno degli emblemi della cultura in tutto il mondo.

Perché tuttavia la cultura si affermasse come strumento di politica estera si è dovuto attendere non poco tempo. A lungo infatti la diplomazia, pur svolgendo un ruolo importante nella conduzione delle relazioni internazionali, ha sempre lasciato il posto all’uso della forza nella fase patologica del rapporto tra gli Stati.

Dopo la Seconda guerra mondiale, tuttavia, a seguito delle atrocità commesse dal regime nazista, la comunità internazionale ha preso atto del fatto che i conflitti non avrebbero portato ad una risoluzione definitiva delle dispute. Da lì ha preso corpo la presa di coscienza della necessità di istituire degli organismi sovranazionali imparziali cui potersi rivolgere ai fini della risoluzione delle dispute tra gli Stati, di cui l’Organizzazione delle Nazioni Unite costituisce l’esempio più celebre e più autorevole.

Fu solo però con gli anni Novanta del Novecento che l’ipotesi che esistesse un’altra forma di potere, diverso da quello coercitivo, venne teorizzata. A farlo fu il politologo americano Joseph Nye, nel più ampio contesto di una delle teorie delle relazioni internazionali, il costruttivismo. In base a questa teoria, di cui Nye rappresenta uno dei più autorevoli esponenti, le relazioni tra gli Stati sarebbero in larga parte influenzate dai costrutti sociali prevalenti nei diversi contesti statuali. Da qui il politologo sviluppò i due concetti di hard power e soft power che un Paese utilizza alternativamente nei suoi rapporti con i suoi partner. Con la locuzione hard power il politologo definisce la capacità di uno Stato di raggiungere i propri obiettivi facendo ricorso a strumenti coercitivi, mentre il soft power consiste nell’esercizio del potere attraverso l’uso di mezzi non implicanti l’uso della forza, tra cui un rilievo particolare è assunto dalla cultura, dai valori e dalle istituzioni tipiche di un determinato Paese.

La capacità di saper usare alternativamente entrambi, definita dall’ex Segretario di Stato americano Hillary Clinton smart power, non è però da tutti: nel panorama delle relazioni internazionali alcuni Stati sono ormai identificati come più o meno propensi ad usare la forza piuttosto che far ricorso al potere della diplomazia. Tra questi ultimi, un ruolo di rilievo è sicuramente ricoperto dall’Italia.

Il soft power italiano: la diplomazia culturale

L’Italia non è attualmente considerata, per lo meno nell’ambito delle relazioni internazionali, come uno Stato propenso all’utilizzo di strumenti coercitivi – si ricorda, a riprova di ciò, che il rifiuto della guerra è sancito dall’articolo 11 della Costituzione italiana, il quale prescrive che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali […]”.

Per questo motivo, il nostro Paese ha deciso di sfruttare al massimo le potenzialità dell’arte della diplomazia per affermarsi come mediatore dalle doti eccezionali, e, in questo, la forza della cultura ha svolto un ruolo determinante. Tale aspetto ha visto negli ultimi anni un crescente rilievo, anche grazie al ruolo svolto a tal fine dal Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale.

In primo luogo, è stata recentemente istituita una nuova divisione al suo interno, la Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale, al cui vertice è stato posto l’Ambasciatore Pasquale Terracciano, il quale ha alle spalle incarichi di pregio presso varie ambasciate sparse in tutto il mondo. A tale Direzione spetta il compito di indirizzare le azioni del nostro Paese affinché questo si affermi come leader mondiale nel campo culturale, dialogando con le maggiori istituzioni internazionali del settore e con i più alti funzionari esperti sul campo.

A questo aspetto è opportuno ricollegare anche il ruolo svolto dagli Istituti italiani di cultura all’estero, veri e propri veicoli della cultura italiana nei Paesi di tutto il mondo, i quali, con l’organizzazione di eventi e iniziative in tutte le loro sedi, contribuiscono a diffondere i pilastri della cultura e della lingua del nostro Paese all’estero. Per questo motivo, nel corso dell’anno corrente 6 nuovi Istituti di cultura verranno aperti, in aggiunta ai 90 già operanti, con l’obiettivo di formare nuove classi dirigenti amiche dell’Italia, forgiare nuovi rapporti e rafforzare quelli già preesistenti.

La necessità di farsi strada anche tra le fasce d’età più giovani è sentita anche dal Ministero degli Esteri italiano. Anche per questo motivo, la Farnesina ha lanciato nel 2021 un’app, Italy. Land of Wonders, con cui, attraverso la risoluzione di piccoli giochi, l’utente viene guidato alla scoperta dei luoghi più affascinanti d’Italia, ma anche quelli meno conosciuti dal grande pubblico.

L’importanza della cultura nelle relazioni internazionali, che, come mostrato dall’esempio italiano, ha recentemente acquisito nuova linfa, non può e non deve essere sottovalutata. Proprio questo aspetto è, infatti, quello che, al di là delle relazioni internazionali, permea in maniera pregnante i costrutti sociali e influisce, in definitiva, sulle caratteristiche che definiscono una civiltà in quanto tale.

Fonti consultate

https://www.esteri.it/it/ ultimo accesso 09/09/2022

F. Schimmelfennig, “Internationale Politik”, utb., 2014

Joseph Nye. “Joseph Nye on global power shifts – TED”. 2010. TED, 21:24. https://www.youtube.com/watch?v=796LfXwzIUk&t=1110s ultimo accesso 09/09/2022

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