La natura discriminatoria degli insulti omofobi: una mancanza di consapevolezza?

La comunità Lgbt è stata sempre soggetta ad insulti discriminatori nascenti da pregiudizi o idee sbagliate che la classificano come deviante dalla norma. Pertanto secondo quanto riscontrato dalla FRA (Agenzia dell’unione europea per i diritti fondamentali), le persone Lgbt vengono considerate responsabili del crollo dei valori tradizionali come la famiglia o il matrimonio, in quanto si discostano da stereotipi considerati come normalità.

Oggigiorno la comunità Lgbt si batte ancora affinché determinati tipi di insulti “omofobi” – dettati dalla paura – non vengano più pronunciati. A tal proposito è stata presentata in Parlamento per ben due volte una proposta di legge nota come DDL Zan che vorrebbe promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione, ma anche lavorare sull’inasprimento delle pene verso chi discrimina. E’ stata pertanto focalizzata l’attenzione sull’utilizzo politically correct di alcuni termini soprattutto in contesti pubblici ed in televisione.
Un invito a non sottovalutare l’utilizzo delle parole, come recita il celebre proverbio latino: “multo quam ferrum lingua atrocior ferit” – la lingua ferisce molto più della spada -, “è necessario”, in quanto esse hanno un potente impatto su chi abbiamo di fronte. L’effetto offensivo di un termine non deriva soltanto dal suo intento discriminatorio, ma molto spesso vi sono dei casi in cui tutto ciò ha origine dalla mancata consapevolezza riguardo i termini stessi. Proprio per questo motivo si è sentita l’esigenza di ampliare il cosiddetto linguaggio Queer, al fine di aumentare la consapevolezza circa le diversità, ma anche favorirne l’inclusione. Tenendo conto ovviamente del fatto che vi possono esistere tante altre diversità. 

Breve rassegna degli insulti comuni

I termini di natura discriminatoria vengono definiti in inglese Slurs, ovvero epiteti rivolti ad un determinato gruppo target. Ognuno di essi presenta una controparte neutra, cioè avente connotazione né negativa, né positiva, per esempio frocio che significa ‘omosessuale maschio’. Per questo motivo essi si differenziano da altri insulti più generici come stronzo o bastardo che non fanno riferimento ad una particolare categoria. Da qui si evince la loro natura discriminatoria.


A seguire una rassegna di alcuni slurs che vengono in genere utilizzati.

Frocio – è una parola gergale proveniente dal dialetto romanesco “frocio” o “froscio” che si pensa abbia diverse origini: ii Lanzichenecchi, durante il sacco di Roma del 1527, erano particolarmente brutali e feroci (“froci”) in quanto stupravano uomini e donne indistintamente. Altre fonti dicono che nell’antica Roma vi fosse la fontana delle “Froge” presso cui si riunivano gli omosessuali. In Spagnolo invece vi è il termine “Flojo” ovvero “floscio”, ossia individuo senza carattere e privo di forza di volontà. Oppure ancora, si pensa che potrebbe derivare dalla parola francese “français” storpiata in “fronscè” in romanesco e usata per indicare in maniera dispregiativa l’invasore straniero ai tempi della discesa delle truppe napoleoniche a Roma all’inizio dell’Ottocento.

Checca – E’ un ipocoristico familiare del nome Francesca. E’ diventato sinonimo del termine omosessuale data l’abitudine di alcuni di farsi chiamare con nomignoli femminili.

Invertito/a – E’ una traduzione dal Tedesco “Kontrasexueller”. Arrigo Tamassia, medico ed accademico Italiano dell’800 descrisse l’omosessualità come una condizione in cui si osserva un atteggiamento tipico del sesso opposto.

Camionista – E’ un epiteto lesbofobico che potrebbe indicare il fatto che una donna sia non femminile e quindi grezza, cioè che utilizza atteggiamenti tipici del camionista come stereotipo di persona volgare.

Finocchio – Vi sono diverse ipotesi di derivazione: i semi di finocchio venivano gettati sugli omosessuali condannati al rogo durante la pena di morte ai tempi della Santa Inquisizione ; inoltre il finocchio selvatico veniva utilizzato per aromatizzare in mancanza di altre spezie più costose.  Da ciò si suppone che il termine finocchio venga utilizzato per identificare una persona che vale ben poco, un uomo che non è uomo. Il termine è di origine toscana e si è diffuso nel resto delle regioni dopo l’unificazione dell’Italia. 

Ricchione – il ricchione o recchione è colui che è solito toccarsi il lobo dell’orecchio portandolo verso il basso. Questo poteva essere un segno di riconoscimento per coloro che erano disposti ad un incontro sessuale. Un’altra ipotesi potrebbe far riferimento ad una condizione presente nella Parotite endemica, comunemente nota come “Orecchioni”. Essa, in età adulta, può comportare un’infiammazione al livello dei testicoli che può portare anche alla sterilità.

Da questa rassegna, anche se breve, si nota il fatto che ogni termine racchiude una pluralità di stereotipi e di concetti mischiati tra di loro, in particolare quelli che fanno riferimento all’Orientamento Sessuale e all’Identità di genere. Difatti ogni parola di queste può essere percepita come offensiva in quanto non rispecchia effettivamente la persona. Tutti questi vengono utilizzati con finalità prettamente dispregiativa in quanto descrivono una persona come deviante dalla norma.

Principio di dialogo sulla nuova terminologia Lgbt

Andiamo a spiegare adesso in cosa consiste la nuova terminologia Lgbt, e perché oggi viene considerata necessaria, aggiungendo molti altri concetti che possono essere importanti.

Innanzitutto è bene differenziare il concetto di Sesso da quello di Genere

Con il termine Sesso si identifica l’appartenenza ad una categoria biologica e genetica, ovvero maschio e femmina. Il sesso è costituito dai cromosomi sessuali (XY per il maschio e XX per la femmina), genitali esterni, gonadi e caratteri sessuali secondari. Esistono, però, delle condizioni di intersessualità in cui vi è uno sviluppo atipico del sesso cromosomico, anatomico o gonadico, che non sono ascrivibili al semplice concetto di maschio e di femmina. 

L’identità di genere riguarda invece la percezione che ciascuno ha di sé indipendentemente dal sesso biologico. Vi possono essere infatti persone che sono anatomicamente donne ma si sentono uomini e viceversa, oppure ancora in diverse altre modalità: in quest’ultimo caso si può parlare di non-binarismo

Non-binary flag

Con il termine Non-Binary si fa riferimento a tutte quelle identità di genere che non rientrano nei primi due generi maschile e femminile. Vi sono infatti altri tipi di definizioni da considerare: bi-gender, che fa riferimento al sentirsi a volte maschio o a volte femmina; androgino, che si descrive come mentalmente a metà strada tra uomo e donna; demi-gender, che ha solo una parziale connessione con un genere; pangender, dove la persona si identifica con più di un genere; a-gender, in cui la persona non si identifica in nessun genere. Oppure ancore gender-fluid dove la persona sente di poter spaziare tra tutti questi tipi di genere.

Nel concetto di Non-Binarismo vengono consideratinche i termini Transgender e Transessuale

Con il primo termine si fa riferimento a quelle persone che non si riconoscono nel modello dicotomico maschio/femmina che la società impone. Ciò comporta un vissuto discordante della propria identità di genere rispetto al sesso assegnato alla nascita, ma senza produrre una domanda di modificazione dei caratteri sessuali primari e secondari. 

Transessuale indica invece quelle persone che si sottopongono all’intervento di riattribuzione chirurgica del sesso. Al giorno d’oggi molte persone transessuali scelgono di non modificare i propri genitali per questioni molto personali, anche perché ci si rende conto che una persona non sarà mai effettivamente e biologicamente del sesso opposto (quindi in grado di procreare), ma lo sarà spiritualmente. 

Con la locuzione nominale Orientamento sessuale si fa riferimento alla direzione del desiderio sessuale ed affettivo verso una persona dello stesso sesso, ed in questo caso di parlerà di omosessualità; verso entrambi i sessi di bisessualità; verso nessun sesso, asessualità. C’è anche chi preferisce definirsi pansessuale in quanto si sente attratto da una persona indipendentemente dal suo sesso o dal suo genere.

Il Travestitismo, detto anche “cross dressing”, è una pratica solitamente effettuata dai soggetti di sesso maschile, i quali indossano abiti del genere opposto al proprio, pubblicamente o in privato. Tale pratica è totalmente indipendente dall’orientamento sessuale della persona. Non bisogna mai confondere il concetto di Travestito con quello di Transgender, in quanto il primo termine ha una connotazione negativa per la sua presenza nella diagnosi psichiatriche del passato.

Ben diverso ancora è il concetto di Drag Queen, un termine inglese per definire gli artisti (Drag Singer) che indossano abiti femminili per esibirsi in spettacoli di canto, ballo, imitazioni, cabaret e make-up. Il Termine Drag deriva dall’acronimo “Dressed Resembling A Girl” (“Vestito come una ragazza”). La possibilità di potersi vestire in abiti femminili non dipende dalla propria identità di genere e neanche dal proprio orientamento sessuale.

La terminologia Lgbt ed il linguaggio Queer sono in continua espansione. Essi non hanno la finalità di etichettare, bensì di comunicare l’esistenza di una gamma multiforme di realtà che non hanno motivo di essere discriminate in quanto facenti parte della condizione umana. Visti però i continui casi di omotransfobia che esistono ancora al giorno d’oggi, si sta pensando all’esigenza di una maggiore sensibilizzazione già a partire dall’età scolare, in particolare dalle scuole medie e superiori. Partendo ovviamente per gradi, educatori ed insegnanti potranno creare un dibattito sugli stereotipi di genere e parlare anche delle differenze nei vari modelli familiari esistenti. Essi potranno divenire un punto di riferimento positivo, ma anche un supporto per i giovani che ne hanno bisogno. Si pensa infatti che solo attraverso il dialogo ed una comunicazione più aperta si possa favorire inclusione di tante persone ed arginare i fenomeni di omotransfobia

Fonti consultate:

– Disorientamenti: discriminazione ed esclusione sociale delle persone LGBT in Italia, 2011, A. Shuster.

– Una proposta per l’utilizzo di terminologie rispettose, inclusive e responsabili relative al mondo LGBTQI, Cristiano Scandurra, Francesca Dicé, Anna Lisa Amodeo, Giuliana Valeri, Paolo Valerio.

– Giovanni Dall’Orto, Le parole per dirlo… Storia di undici termini relativi all’omosessualità, in “Sodoma”, n. 3, 1986, pp. 81-96

– Arrigo Tamassia, l’inversione sessuale e la sessuologia italiana di fine Ottocento, Titolo Rivista: RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA

– Nerina Milletti, 1996. “Tribadi & socie: La sessualità femminile non conforme nei termini e nelle definizioni”, in Rivista di Scienze Sessuologiche /Journal of Sexological Sciences, 9(1-2): 19-36

– Dall’Orto, Giovanni – Le parole per dirlo: storia di undici termini relativi all’ omosessualità, Valter Boggione e Giovanni Casalegno, Dizionario del lessico erotico, Torino 2004, pp.,110-111

– La terminologia LGBTQ+ e la ricerca di un linguaggio inclusivo, D. Lyons 2021.

– A natural history of Drag Queen Phenomenon, M. Moncrieff, P. Lienard, 2017

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