Luca Serianni: in memoriam

Il 21 luglio 2022 è venuto a mancare, in un modo che ci ha lasciati a dir poco attoniti, Luca Serianni, italianista e filologo della lingua italiana. Lungo il corso di tutta la sua carriera accademica è stato un ricercatore prolifico che si è interessato a numerosissimi ambiti della ricerca linguistico-filologica, distinguendosi per un irreprensibile impegno anche sul fronte della didattica

Luca Serianni in aula

La sua esperienza di ricerca si è concentrata inizialmente sulle varietà toscane: non a caso, la sua prima pubblicazione, risalente al 1972, è intitolata Ricerche sul dialetto aretino nei secoli XIII e XIV, seguita nello stesso anno dagli Appunti linguistici sulle “Formule notarili aretine del primo Trecento”. Ma il suo interesse fu rivolto anche all’italiano moderno e contemporaneo, andando alla ricerca di testi ed elementi ivi compresi piuttosto particolari (come Alcuni neologismi ottocenteschi in un’enciclopedia sul Brasile del 1977, o i Nomi d’alberghi del 1978), e mostrando interesse per tutti i livelli di analisi dell’italiano, e per il lessico in modo particolare.

E, ça va sans dire, va ricordato l’interesse per la letteratura – e non potrebbe essere diversamente per un italianista – che l’ha accompagnato sin dalla giovane età:

[l]’interesse primitivo nasce al liceo dove l’italiano è soprattutto inteso come letteratura. Questa, del resto, era la materia che mi interessava di più e in cui riuscivo meglio.

dichiarava nel 2021 in un’intervista rilasciata a Emanuele Ciresi. 

Luca Serianni

Tra gli italianisti, l’immagine che nel tempo mi sono fatto di Serianni è stata quella dell’italianista democratico: come tutti gli italianisti, era uno studioso follemente innamorato della propria lingua, infaticabile sostenitore della norma linguistica, ma anche molto attento alla lingua dell’uso, quella quotidiana, dunque non un seguace dell’ideale purista, quanto piuttosto di un approccio “miglioriniano” ai fatti di lingua, cioè molto vicino a quello di Bruno Migliorini, altro italianista di incredibile caratura con cui Serianni condivideva gli interessi di studio in materia di lingua italiana. 

Questa idea che mi sono fatto è stata corroborata anche dal suo approccio all’alterità linguistica d’Italia, ossia le realtà linguistiche altre dall’italiano, un approccio per certi versi inusuale tra i suoi colleghi: intervistato da Federica Ghizzardi circa l’insegnamento del friulano nelle scuole offerto dalla regione Friuli-Venezia Giulia, così si espresse il luminare:

[n]on ho nulla in contrario perché in Friuli si insegni anche il dialetto. […] Se c’è una richiesta delle famiglie del territorio e le ore sono aggiuntive alle tradizionali materie, perché no?

con quell’anche che è indicativo di una non indifferente capacità di tolleranza, o meglio, di rispetto verso ciò che “non è l’italiano”.

E vi era poi l’interesse verso l’insegnamento dell’italiano a scuola: in un’Italia in cui anno dopo anno si moltiplicano gli “allarmi ignoranza” degli studenti, Serianni ha sempre mantenuto un atteggiamento razionale e cauto rispetto alle questioni di lingua comune e di lingua a scuola, prodigandosi nel tempo nel dare consigli agli insegnanti e agli studenti, come faceva, ad esempio, con i maturandi in occasione degli esami, e non solo, e girando per le scuole per incontrare studenti e docenti dal vivo, mettendo da parte e difatti smantellando l’immagine dell’accademico che se ne rimaneva rinchiuso nella propria torre d’avorio. A questo si lega anche il suo interesse per la grammatica: la grammatica, dopotutto, è “lo scheletro” della lingua, senza grammatica infatti non c’è lingua. Questa attenzione si rivelava fondamentale, perché se non si capisce la grammatica diventa più difficile mettere in piedi o comprendere un testo che non sia un messaggio WhatsApp. Parimenti importante secondo lui la conoscenza del lessico, particolarmente quello che “vive” nel testo scritto.

 A seconda della situazione, dunque, la conoscenza della grammatica e del lessico messe insieme ci aiutano a pensare, a pensare per scrivere e a pensare su ciò che si legge, rendendoci cittadini consapevoli: è questo probabilmente il lascito più grande di Luca Serianni, che materialmente parlando ci ha anche lasciato due strumenti consoni al perseguimento di questi obiettivi, cioè due lodevoli grammatiche (Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, del 1988, e Italiano. Grammatica, sintassi, dubbi del 1997) e il proprio contributo al Devoto-Oli, che ha diretto dal 2004 insieme a Maurizio Trifone, diventando difatto erede dei due grandi italianisti che hanno dato vita a quest’opera lessicografica.

Al di là di questo, il lascito di Serianni è di un’ampiezza straordinaria: persona pacata, colta e ben educata che non aveva bisogno di schiamazzi per catturare l’attenzione, ma anzi, era qualcosa che riusciva a fare con la propria posatezza e col proprio garbo, col suo linguaggio asciutto e senza inutili fronzoli, così da riuscire a far pendere il pubblico dalle proprie labbra, Serianni ci lascia in eredità grandi insegnamenti: ad appassionarci alla nostra lingua, a studiarne la grammatica, capirne il lessico e perscrutarne la storia, a usare adeguatamente i registri linguistici, ad apprezzare il nostro patrimonio letterario, da Dante a oggi; ma anche, a chi volesse fare l’insegnante, a non essere pessimista e a credere nel potenziale di ogni studente, manifestando dunque un fine impegno civico e culturale di cui non avremmo mai avuto abbastanza e non avremmo mai potuto fare a meno.


Letture di Luca Serianni consigliate

Grammatica italiana: italiano comune e lingua letteraria (con A. Castelvecchi), Milano, UTET, 1988;

Italiani scritti, Bologna, Il Mulino, 2003;

La lingua poetica italiana. Grammatica e testi, Roma, Carocci, 2009;

L’ora d’italiano, Bari, Laterza, 2012;

Leggere, scrivere, argomentare, Bari, Laterza, 2013;

Parola, Bologna, Il Mulino, 2016;

Il sentimento della lingua. Conversazione con Giuseppe Antonelli, Bologna, Il Mulino, 2019;

Parola di Dante, Bologna, Il Mulino, 2021.

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