Maltrattamento animale, animalismo e antispecismo nell’arte contemporanea

Da tempo immemore, la natura e gli animali sono fra  i soggetti privilegiati di narrazioni pittoriche e rappresentazioni artistiche. Già dai tempi degli Egizi, dei  Greci e degli  antichi Romani, la raffigurazione degli animali dimostra particolare attenzione per la natura, rilevandone la centralità. Come non associare la civetta alle raffigurazioni di Atena per gli antichi Greci, la lupa alla città di Roma o lo sciacallo ed il gatto alle divinità degli antichi Egizi. Ciò accadeva perché la natura e gli animali  – che ne erano il simbolo più dinamico e concreto –  rappresentavano quel legame fra umano e divino alla base della vita. L’animale non era ammirato solo per la sua bellezza o perché fosse fonte di nutrimento, incarnava i vizi e le virtù delle divinità, ma soprattutto ciò che l’uomo doveva rispettare per propiziarsi la benevolenza degli dèi  e condurre una vita prospera e serena. 

Così, nel tempo, gli animali (anche quelli immaginari che popolavano fiabe e leggende), iniziarono ad essere descritti nei bestiari medievali, studiati, poi –  durante l’Umanesimo – con un rigore sempre più scientifico, fino ad arrivare all’era moderna, quando di fatto diventano un topos classico dell’arte. Nel Romanticismo,  non di rado vengono attribuite agli animali le stesse passioni e lotte che animano il mondo degli uomini, mentre nel ‘900, con Gauguin, Picasso, Marc, Balla e altri, vengono resi in un’ottica del tutta nuova – mai vista prima – in cui sono spesso rappresentanti viventi delle forze vitali che reggono tutto il regno naturale. Tutto questo a dimostrazione del fatto che, in ogni periodo storico,l’evolversi della rappresentazione del mondo animale si rapporta in maniera vincolante alle culture e concezioni artistiche che vigono al tempo in cui ogni rappresentazione viene prodotta. 

Che ruolo hanno oggi  gli animali nell’arte contemporanea?

Non molto tempo fa, Zirma si era brevemente approcciata –  in maniera piuttosto critica –  ad una tematica  alquanto scottante, di cui tutt’ora si dibatte nel mondo dell’arte contemporanea: l’utilizzo degli animali vivi o morti nelle rappresentazioni artistiche.  Nell’epoca della libertà d’espressione, che sfocia spesso nel libertinaggio, ed in cui l’artista è alla ricerca spasmodica di un significato che rivesta la propria opera, nel tentativo di attirare l’attenzione di pubblico e critica, ecco che l’arte ha sempre più spesso la funzione di provocare, di  fungere da equivoco o da malinteso. 

Questo, almeno, è quel che sostiene l’artista Maurizio Cattelan. E proprio Cattelan ci ha deliziati con un cavallo appeso al soffitto nell’opera Trotsky (1997), con l’opera Untitled – I.N.R.U(2009), in cui il corpo di un cavallo – abbandonato su un pavimento –  è trafitto all’addome da un cartello con la scritta I.N.R.I, o con l’opera Kaputt(2007), comprendente cinque cavalli imbalsamati la cui testa è conficcata nel muro. Purtroppo, però, non è stato il solo ad uccidere o utilizzare animali morti nelle sue installazioni. C’è il sedicenteartista Yoo Buk che nell’opera  Fish (2021), ha riempito 15 sacche per soluzione endovenosa con acqua e pesci rossi (destinandoli a morire di una lenta agonia). Ma anche il noto Damien Hirst, che nella sua lunga produzione artistica, ci ha abituato a squali sotto formaldeide (The immortal, 1997), ad una vacca tagliata in due con vicino il suo vitello o a pupe che, diventate farfalle, erano costrette a volare in una stanza chiusa fino alla loro morte (In and out of Love, 2012). Dopo Hirst c’è stato Hermann Nistch che, per mettere in scena rituali ancestrali e sfatare miti e tabù primordiali, nelle sue performance squartava carcasse di animali ed utilizzava i loro corpi crocifissi per invitare lo spettatore a leggerne le interiora o ad imbrattare le pareti con il loro sangue. Ed, infine, c’è  stato anche Jan Fabre che, dopo una performance in cui lanciava gatti per aria, ha utilizzato animali in tassidermia per creare installazioni in cui questi poveri esseri venivano sviliti in pose assurde e beffarde per quella che, secondo l’artista, doveva essere un’ accusa contro il maltrattamento degli animali nella società contemporanea. A loro si è unita, poi,  una folta schiera di artisti che, invece, gli animali li hanno sfruttati anche da vivi.  Come non ricordare i cavalli legati di Jannis Kounellis nel 1969, l’incontro performance con un coyote (I like America and America likes me), organizzato nel 1974 da Joseph Beuyes,  la video installazione di Sun Yang e Peng Yu (Dogs That cannot Touch Each Other, 2003),  in cui dei pitbull imbrigliati a dei tapis roulant si inseguivano e lottavano fra di loro, o la performance di Xu Bing (A case study of Transference, 1994), in cui veniva documentato l’accoppiamento di due maiali. Non dimentichiamo poi,  l’opera  Theater of the world (1993) di Huang Yong Ping,  consistentein un recinto popolato da insetti, ragni, lucertole e serpenti  costretti a sbranarsi a vicenda, le performance dell’artista belga  Wilm Delvoye che tatua maiali vivi per poi scuoiarli e appenderne le pelli conciate come dipinti e la performance- la più crudele in assoluto –  di Guillermo Vargas che nel 2007 ha esposto un cane scheletrico in una galleria del Nicaragua, lasciandolo morire di stenti poche ore dopo. 

Inutile domandarsi se questa possa essere o meno arte, la risposta in tutti i casi è NO! Associando creature viventi  a meri oggetti, li si priva della propria dignità e si distrugge il concetto stesso di arte. Un essere vivente, un essere senziente non può essere sfruttato per la realizzazione di un’opera d’arte. Gli animali possono essere rappresentati, ma non essere essi stessi oggetto d’arte. Non solo così facendo si nega l’atto creativo stesso, ma si annulla la genialità dell’artista. Gli animali non sono esseri da schiavizzare o di cui abusare solo perché considerati inferiori all’uomo, secondo una logica antropocentrica, specista e vetusta. 

Convenzione UNESCO e artisti che lottano per i diritti degli animali

La questione, con il tempo, è  diventa quindi morale, non solo artistica. Gli animali, come gli uomini, hanno dei diritti, come ci  ricorda la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale, UNESCO 15/10/1978, che, soprattutto  agli articoli 10, 11 e 13 recita cosi:                          

Art. 10

a) Nessun animale deve essere usato per il divertimento dell’uomo.
b) Le esibizioni di animali e gli spettacoli che utilizzano degli animali sono incompatibili con la dignità dell’animale.                                        

Art. 11

Ogni atto che comporti l’uccisione di un animale senza necessità è un biocidio, cioè un delitto contro la vita.

Art. 13  

1- L’animale morto deve essere trattato con rispetto.
2- Le scene di violenza di cui gli animali sono vittime devono essere proibite al cinema e alla televisione, a meno che non abbiano come fine di mostrare un attentato ai diritti dell’animale.                

Anche se la dichiarazione UNESCO non cita nulla, nello specifico, che riguardi la difesa e la tutela degli animali utilizzati nell’arte contemporanea,  è comunque nata  l’associazione Justice for Animal Arts Guild (JAAG)  – Giustizia per il Sindacato degli Animali nell’Arte. L’associazione sostiene che bisogna opporsi a quanti nuocciono agli animali per fini artistici, invita, anzi, a sostenere quegli artisti che si battono per i loro diritti. Eccone alcuni esempi.                                                                                                                              

Francisco Atencio – Artista argentino,  è il fondatore del Progetto Arte Animal, che vuol difendere i diritti degli animali attraverso l’arte. Tra le sue opere più note, vi è Madres un quadro raffigurante tre coppie di madri –  cane, maiale e gallina – con i propri cuccioli.  L’opera che ricorda molto Le due madri (1889) di Giovanni Segantini,  è un invito alla riflessione sullo specismo. Specismo  che ci porta a guardare con occhi diversi una gallina con il proprio pulcino, rispetto ad una cagna con il proprio cucciolo, in quanto una è vista solo come fonte di nutrimento e l’altra come  un membro della nostra famiglia. Tutto per una logica deviata  che ritiene di maggior valore la vita di un cane rispetto a quella di un pollo o di un maiale.                         

Francisco Atencio, Madres, 2014

Hartmut Kiewert – Artista tedesco , con le sue opere vuole , invece, agire sulla coscienza collettiva e individuale riguardo al tema dei diritti degli animali. I suoi quadri , non fungono solo  da racconto, da  testimonianza e da denuncia sui maltrattamenti che gli animali subiscono, ma vogliono essere  delle prospettive utopiche  in cui la violenza sugli animali è stata, finalmente, superata. La sua opera più significativa Evolution of Revolution, cerca, infatti di creare un evidente parallelismo con il celebre quadro La libertà che guida il popolo (1830)di Eugène Delacroix. In questo caso, però, la libertà non guida più gli uomini, ma gli animali.  Essi vendono dipinti in primo piano,  mentre – ormai  liberi dalla prigionia – avanzano impavidi verso libertà. Dietro di loro, a guidarli,  l’allegoria della libertà che, con il braccio destro alzato,  brandisce delle tenaglie, mentre  con il braccio sinistro abbassato impugna un martello. Tenaglie e martello, non sono solo gli strumenti con cui essa ha liberato gli animali dalle catene dello sfruttamento, ma diventano ora i simboli di una nuova evoluzione del concetto di rivoluzione.                                          

Hartmut Kiewert, Evolution of Revolution

Jane Lewis – Artista, inglese pittrice e grafica, da qualche anno ha deciso di incentrare la sua arte a favore  del veganismo e dei diritti degli animali. Diventata vegana nel 2015, dopo aver visto il film Earthlings, da allora non solo ha cambiato le proprie abitudini di vita, ma ha mutato completamente il suo modo di vivere e concepire l’arte. Nel 2016, ha quindi,  realizzato una serie di 18 disegni intitolata Earthlings, è completamente incentrata sullo sfruttamento degli animali  da fattoria e sulla vivisezione. Su quest’ultimo tema verte, in particolare,  il dipinto ad olio Vanitas. Se a primo impatto può apparire un dipinto figurativo e realistico, il suo significato è, in realtà, surreale e disturbante. Protagonista della scena,  è, infatti, una donna, che  attorniata da conigli e ratti  (di solito sottoposti ai test nei laboratori),  si specchia, tenendo sul viso una maschera dalle sembianze del muso di un coniglio. La maschera, come le mani della donna, sono  intrise di sangue, quel sangue di cui si macchia chi fa uso di cosmetici, articoli da toeletta e farmaci che vengono testati sugli animali. 

Jane Lewis, Vanitas, 2018

Barbara Daniels – Artista statunitense, nei suoi disegni  inverte e sovverte  i ruoli fra uomo ed animali, creando un universo parallelo in cui sono gli animali a maltrattare gli uomini, in modo da sensibilizzare la società sugli abusi, le sevizie e i dolori che gli animali patiscono ad opera dell’uomo. Nei suoi disegni ritroviamo donne attaccate a macchinari per mungere le vacche, uomini piccoli come piccioni che cercano di nutrirsi di briciole, mentre vengono scacciati da enormi piccioni, esseri umani imbellettati  da dei cani per essere messi in mostra  e bambini che vengono uccisi dalle foche. Fra le sue tavole più famose Happy Farm (20015), e Dominion over man (2015- 2022).      

Barbara Daniels, Happy Farms, 2015
Barbara Daniels, Dominion over Man ,Milking Parlour, 2015

Sue Coe – Artista inglese contemporanea, cresciuta vicino ad un mattatoio, è molto nota per le sue opere e il suo attivismo per i diritti degli animali. Tra di esse, le più famose sono Bill (2012), in cui rappresenta un uomo perseguitato  dai fantasmi degli animali uccisi per soddisfare il proprio palato e Blind children feel an elephant (2012), che è un manifesto di denuncia contro il circo, luogo di  sfruttamento. L’opera raffigura infatti dei bambini non vedenti  che accarezzano  felici un elefante, mentre – alle spalle di questa scena allegra ed  idilliaca – un elefante sta per tornare ad essere rinchiuso nella propria gabbia. I bambini ciechi, non sono altro che la cecità dell’uomo riguardo ciò che accade nei circhi,  luoghi di divertimento per l’uomo, ma di crudeltà e sfruttamento per gli animali.

Sue Coe, Bill, 2012
Sue Coe, Blind children feel an elephant, 2012

Tutti questi artisti dimostrano come l’arte possa tornare ad essere denuncia sociale, e soprattutto, come in un’epoca in cui il trattamento etico degli animali è argomento centrale di discussione di quasi tutti i settori della vita, il mondo dell’arte – tipicamente favorevole a battersi per i diritti degli oppressi, dei più deboli e di tutti  viventi – non può esimersi dall’adeguarsi ai tempi. 

Lo specismo, in particolare, non può essere una moda artistica da sostenere, va combattuto. L’arte è da sempre la memoria e lo specchio della società e della cultura che l’ha generata: ciò che di noi verrà tramandato ai posteri! Vogliamo davvero essere ricordati così, come dei crudeli schiavisti e sfruttatori di esseri innocenti?


Fonti consultate

Jean-Baptiste Jeangène Vilmer, Animaux dans l’art contemporain: la question étique, jbjv.com, 03/12/2022;

Francisco Atencio- the art of compassion project, artofcompassioproject.com, 03/12/2022 ;

Hartmut  Kiewert , en.hartmutkiewert.de, 03/12/2022 ;

Jane Lewis artist, janelewisartist.com, 03/12/2022 ;

Barbara Daniels Art, barbaradanielsart, 03/12/2022 ;

Sue Coe, artnet.com, 03/12/2022;

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