Tutti conosciamo il Violino d’Ingrès, una delle foto più famose al mondo, non tutti, però sanno che Man Ray, il suo autore, è stato un’artista eccentrico, anticonvenzionale e fuori dal comune che, con il suo costante bisogno di sperimentare, creare e provocare, ha sfidato la tradizione diventando uno dei nomi più importanti delle avanguardie artistiche di inizio ‘900. Scopriamo come ripercorrendone vita e opere.
Biografia
Man Ray, il cui vero nome era Emmanuel Radnitzky, nasce a Filadelfia, nel 1890, da immigrati russi di origini ebraiche. Cresce a New York, dove frequenta le scuole e, dopo le superiori, rifiuta una borsa di studio da architetto per cominciare a lavorare come grafico e disegnatore.
Da grafico, però, inizia ad appassionarsi di arte e di pittura. Scopre la sua vera vocazione ed inizia a frequentare una scuola serale di disegno. Realizza, così, dipinti ispirati al Cubismo e nel 1912 decide di cambiare nome, assumendo lo pseudonimo di Man Ray. Unisce il soprannome di infanzia Manny (abbreviandolo in Man), con il cognome inventato Ray e crea un nome che non è una semplice abbreviazione del suo nome di battesimo, ma una descrizione della sua arte.
Il raggio (ray in lingua inglese) di Uomo Raggio si rifà, infatti, alle sperimentazioni sulla luce che egli effettuerà sia nell’aerografia, che nella fotografia. A quest’ultima, sia avvicina, casualmente, proprio grazie alla pittura, nel 1914, quando acquista la sua prima macchina fotografica per immortalare le sue opere.
Ma l’anno cruciale per la sua carriera di artista è il 1915. Proprio in quell’anno, infatti, incontra l’eclettico pittore e scultore francese Marcel Duchamp, con cui instaura subito una grande amicizia ed un sodalizio artistico. La figura di Duchamp, è, infatti, importantissima per Man Ray, non solo perché questi lo fa avvicinare al Dadaismo (il movimento artistico che si stava diffondendo in Europa come rifiuto radicale dell’arte tradizionale), ma soprattutto perché, insieme, i due artisti danno vita al Dadaismo americano, fondando a New York la Society of Indipendent Artists.
Grazie all’influenza di Duchamp, dal 1919 in poi, Ray si dedica, dunque, al ready-made ed all’aerografia, fin quando, giunto alla consapevolezza che “il Dada non può vivere a New York”, nel 1921, decide di seguire Duchamp a Parigi, per proseguire nella capitale francese la propria carriera artistica. Nella Ville Lumière, si mette subito in mostra grazie ai suoi ritratti fotografici, immortala i protagonisti della scena intellettuale francese del tempo come James Joyce, Jean Cocteau, Gertrude Stein ed Hemingway e conosce i più importanti artisti dell’epoca: Picasso, Dalì, Bunuel, Chagall, Mirò. Da semplice strumento con cui, inizialmente, immortalava solo le proprie opere, la fotografia diventa, così, fonte di fama, ma anche uno degli interessi principali della sua arte. A partire dai primi anni ‘20 del Novecento, comincia, allora, a sperimentare la fotografia in camera oscura. Nel 1921, infatti, proprio mentre sviluppa alcune fotografie in camera oscura, un foglio di carta vergine finisce accidentalmente in mezzo agli altri. Non rendendosene conto, l’artista, su quel foglio ancora a mollo, poggia una serie di oggetti di vetro e, quando accende la luce, scopre di aver ottenuto una serie di immagini deformate, i cui fortissimi contrasti di buio e luce, mettevano quasi in risalto i soggetti dal fondo nero. Da questa scoperta, nel 1922 nasce la produzione dei suoi primi fotogrammi, le cosiddette Rayografie: immagini fotografiche ottenute poggiando gli oggetti sulla carta sensibile e rendendo, in questo modo, i soggetti misteriosi e deformati. Inizia, così, a pubblicare i suoi ritratti su riviste di moda come Vogue, Vanity Fair e Vu, nonostante la sua consacrazione come fotografo di moda gli arriverà, con Harper’s Bazaar, solo negli anni ‘30.
Nella capitale francese, si sente finalmente a casa. Qui riceve tantissimi stimoli e si avvicina a diverse avanguardie e correnti artistiche. Prima fra tutte, il Surrealismo di Bréton: è il 1924, nasce ufficialmente il Surrealismo e Man Ray, non solo ne diventa uno dei più importanti esponenti, ma anche il primo e principale fotografo, esponendo alla prima esposizione surrealista, insieme ad artisti del calibro di Pablo Picasso, Joan Mirò e Max Ernst. Non pago del successo e stimolato dal surrealismo, continua a sperimentare sulla luce e sulle foto per assumere alle sue opere carattere onirico e surreale. Per questo, insieme alla tecnica della rayografia, unirà una nuova tecnica: quella della solarizzazione.
Lo sviluppo dei negativi sovraesposti viene ora stravolta da questa tecnica in cui egli applica un processo di inversione tonale per dare alle foto un aspetto unico, circondando le figure di un’aurea che rende le immagini metafisiche ed eteree, quasi da farle sembrare disegni. Ma il suo sperimentare non riguarda solo la fotografia, tocca, infatti, ogni ambito dell’arte, fino ad arrivare al cinema d’avanguardia: è autore di film come L’étoile de mer (1928). Arriva il 1940, scoppia la Seconda Guerra Mondiale e le persecuzioni antisemite costringono Man Ray a fare ritorno negli Stati Uniti. A Los Angeles si dedica all’insegnamento di pittura e fotografia al college, finché, finita la guerra, può finalmente far ritorno a Montparnasse, nella sua amata Parigi, dove può finalmente tornare a dedicarsi alla sua arte fino al 1976, anno della sua morte.
L’Arte di Man Ray
Artista poliedrico, Man Ray fu pittore, grafico, fotografo, disegnatore e regista di film d’avanguardia. Sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo con cui creare, sperimentare e dar vita alla sua personale visione dell’arte. Da Dadaista, è stato animato da ideali quali la lotta alla borghesia, alla guerra e al capitalismo, contro cui combatte con l’ironia, la provocazione e la creazione di opere (apparentemente) incomprensibili.
Così, unisce linguaggi e tecniche con cui dar sfogo alla sua dissacrante creatività. Rielabora l’invenzione del ready-made di Marcel Duchamp e trasforma oggetti reali in Oggetti d’affezione, in cui tutto diventa strano, inconsueto, inatteso e carico di un diverso significato straniante ed enigmatico.
La sua arte vuol divertire, disorientare, annoiare, far riflettere ed esaltare il carattere paradossale e inquietante del quotidiano. Ma è proprio per questo suo costante desiderio di sperimentare, che riesce ad andare oltre al Dadaismo, trovando la sua dimensione nel Surrealismo. Egli supera ora la realtà, rivestendola con l’immaginazione e la fantasia ed esplora le pieghe del sogno e dell’inconscio, soprattutto, tramite le sue foto, che han fatto di lui il fotografo surrealista per eccellenza.
Così, da un inizio fatto di ritratti formali, in cui segue le normali linee guida di composizione e proporzioni, ora le regole fotografiche svaniscono ed egli arriva a quello che è il suo merito più grande: l’aver saputo trasformare, trasfigurare e reinventare ogni soggetto fotografato.
Venendo meno l’importanza data alla forma, infatti, la sua attenzione si concentra adesso sui dettagli e dedica gran parte delle sue fotografie al nudo artistico e all’erotismo.
Per il Surrealismo, la sessualità, infatti, è un modo per esprimere l’arte, qualcosa da vivere senza tabù. Voyeurismo, masturbazione, omosessualità e feticismo sono la normalità, da mostrare senza pudore.
E Man Ray, che con la sua arte innovativa vuole essere un rivoluzionario del suo tempo, dell’erotismo e del corpo della donna mostra tutte le sfumature. Essa è musa, simbolo di passione e di seduzione, entità eterea e magnifica, in un contesto per nulla casto e platonico. Pose e scatti sono, infatti molto diretti, nulla del corpo della donna è nascosto. Viene mostrato senza censura, in spazi ordinari o, in luoghi impossibili da definire, dando così l’idea di una presenza onirica ed irreale.
Ma Man Ray è famoso anche per l’utilizzo sperimentale delle luci nelle sue foto. La distorsione di esse e delle forme geometriche, tramite le rayografie e la solarizzazione, non solo sono il suo tratto distintivo, ma hanno fatto delle sue foto vere e proprie opere uniche e surreali, facendo di lui uno degli artisti più versatili e talentuosi di sempre.
Alcune delle sue opere più importanti
Cadeau (1921)
L’opera dadaista più famosa è il ready-made (oggetto di uso comune decontestualizzato e messo all’interno di un museo o di una mostra), di un ferro da stiro, reso inutilizzabile da quattordici chiodi saldati sulla piastra. Il ferro, con la sua apparenza aggressiva che stride con il suo essere un cadeau (dono), assume quel significato ambiguo e contraddittorio, tipico del Dadaismo. La prima versione viene rubata nel corso di una mostra a Parigi, ma successivamente, di esso, l’artista realizzò molte repliche.
Oggetto da distruggere (1923)
Ready- made originale e provocatorio, era composto da un metronomo con la fotografia di un occhio incollata sulla punta della barra. Sotto cui, a completare l’opera, vi era un’etichetta che lo intitolava, appunto, Oggetto da distruggere. Durante un’esposizione, leggenda vuole che un visitatore molto zelante, prendendo alla lettera l’invito dell’etichetta, distrusse l’opera, che venne, poi, replicata più volte dall’artista e rinominata Oggetto indistruttibile. La storia, che pare non abbia fondamento di verità, rende bene l’idea del clima dadaista in cui operavano gli artisti di inizio anni ’20 del secolo scorso.
Le violon d’Ingres (1924)
Tra i suoi ritratti fotografici più noti, raffigura la schiena nuda della modella (e amante) Kiki de Montparnasse, ritoccata dall’artista che vi aveva apposto le due effe della viola che consegnarono foto e modella alla storia. Lo scatto provocatorio e conturbante si ispira alla posa dell’opera Nudo di spalle (1807) del pittore Ingrès, da cui l’opera prende il nome. Lo scopo ironico dell’artista era, però, quello di rappresentare l’espressione idiomatica violon d’Ingres (cioè un passatempo), facendo diventare Il corpo femminile come uno strumento da suonare (in un’accezione enormemente scandalosa per l’epoca) e ironizzando sul fatto che per lui la fotografia fosse solo un passatempo, dato che dichiarò sempre di preferirgli la pittura.
Noir et Blanche (1926)
Foto celeberrima, fu realizzata su commissione per Vogue. In essa, Man Ray accosta la sua famosa modella Kiki ad una maschera africana, in tutta una serie di giochi e riferimenti come, ad esempio, il contrasto fra la pelle bianchissima della modella ed il nero della maschera, la metafora dell’immagine con l’arte della fotografia (data, appunto, dal contrasto fra bianco e nero) ed il titolo stesso dell’opera che, volutamente, si ricollega al surrealismo, sia per l’importanza data da questi al sogno (con Kiki dormiente), sia per il richiamo all’arte africana.
Printemps, Eté, Automne e Hiver (1929)
Realizzati per illustrare i componimenti erotici di Louis Aragon e Benjamin Péret, raccolti nel libro 1929, sono scatti fortemente espliciti in cui l’artista, probabilmente, immortala (senza censura), sé stesso e Kiki de Monparnasse durante l’atto sessuale. Sebbene gli scatti siano chiari, il contrasto tra il bianco e il nero fa si che le forme appaiano velate. In esse sono riconoscibili non solo la naturalezza con cui Man Ray rappresenta il sesso ed il desiderio, ma anche la sua idea di arte che vuole scandalizzare, libera e priva da censura o da leggi che la regolino.
Lacrime di vetro (1930- 1932)
Scatto iconico in cui protagonista è sempre il corpo femminile, ma rappresentato da un dettaglio: il primo piano del viso di una donna sulle cui guance sono poggiate delle gocce di vetro come fossero lacrime. La modella non è più Kiki, ma un’anonima ballerina di can-can. Diverse, invece, sono le teorie ed interpretazioni di biografi e critici sulla foto. La prima tra queste sostiene che l’opera nasca come risposta polemica di Man Ray alla sua ex allieva e amante Lee Miller, dopo che questa interruppe bruscamente la loro reazione. La seconda vede, invece, nello sguardo della modella che guarda fuori inquadratura, una posa che ricorda quella delle attrici dei film e, quindi, un rimando dell’artista al cinema. Mentre l’ultima sostiene che la foto sia legata al mondo della moda e sia nata come pubblicità del mascara Cosmécil che invitava le donne a “piangere al cinema e a teatro e ridere fino alle lacrime”, senza preoccuparsi di sgualcirsi gli occhi.
Mr e Mrs Woodman (1936-1960)
Lunga serie di scatti realizzati con due manichini di legno: uno uomo e uno donna. Essi sono rappresentati ad accoppiarsi in diverse pose fortemente erotiche e fantasiose. Una sorta di kamasutra in legno che mostra la passione ed il sentimento di questi due amanti unici nel loro genere.
Fonti consultate
Man Ray: breve biografia e opere principali in 10 punti,dueminutidiarte.com;
Ermanno Ferretti, Le opere di Man Ray: le 5 fotografie e creazioni più famose, cinquecosebelle.it,
Samantha De Martin, Tra evasione e sogno: Gli universi infiniti di Man Ray, arte.it;
Man Ray: La fotografia di un grande artista, fotografiamoderna.it;
Man Ray, la vita e le opere del grande pittore e fotografo statunitense, tg24.sky.it;
Dalila Forni, Man Ray: il corpo della donna tra fantasia e sperimentazione, frammentirivista.it;
Alice Chiesurin, Man Ray , il fotografo che dipinge con la luce. La sua arte, le sue muse, le sue amanti, artslife.com;
Man Ray, guggenheim-venice.it