Con il termine tabù siamo soliti indicare un comportamento, un’azione o una consuetudine considerati proibiti in una determinata epoca o società. L’infrazione di un tabù è vista, quindi, quasi come un’azione sacrilega: genera sdegno, scandalo e censura da parte dell’intera comunità.
Se ci pensiamo bene, però, il gesto di infrangere un tabù è lo stesso che compie la scienza quando confuta una teoria per affermarne un’altra ed apporta un progresso in una disciplina. Qualcosa di analogo, è anche ciò che attua l’arte nei confronti della morale, degli usi, dei costumi e della cultura della società. Spieghiamoci meglio.
Consideriamo l’arte un prodotto umano esemplare del contesto storico che l’ha prodotta, fortemente connessa all’artista e al vissuto di quest’ultimo. L’arte è quindi una delle forme principali con cui un’epoca o un’artista comunicano sé stesse ed i propri valori, per poi tramandarle alle future generazioni. Ma l’arte ha come soggetto principale la realtà, cioè tutto ciò che circonda l’essere umano e, perciò la vita stessa, comprese le sue contraddizioni, le sue brutture, i suoi scandali ed ovviamente tutto ciò considerato proibito dalla morale. Aggiungiamo, inoltre che l’arte è libertà di scegliere di rappresentare anche ciò che non è considerato convenzionale, quindi, non solo di infrangere tutte le regole vigenti in campo artistico, ma anche di scandalizzare, di trasgredire, di rivoluzionare e di rendere normale ciò che non lo è. Pertanto, l’arte incide sulla coscienza collettiva, apportando riflessioni e modi inusuali e diversi di concepire la vita e la realtà circostante, rivoluzionando, appunto quel concetto di morale stesso, vigente in una determinata società. In questo modo tabù quali la nudità, il sesso, la morte, la pornografia, la religione, l’omosessualità, la prostituzione etc., da argomenti scandalosi e proibiti dalla rappresentazione artistica diventano, non solo i temi principali di alcune delle opere d’arte più importanti e famose della storia dell’arte, ma anche normali rappresentazioni dell’esistenza stessa. Ecco come le opere d’arte, nei secoli, sono state dunque capaci di sconfiggere tabù e censura. Vediamone insieme alcuni esempi.
Il Giudizio Universale (1536-1541) di Michelangelo Buonarroti è forse l’opera d’arte più famosa al mondo. L’affresco della Cappella Sistina, in origine destò grande scandalo, rischiando persino di essere distrutto. I corpi nudi in pose considerate sconvenienti per un‘opera sacra, infatti, portarono al suo autore – Michelangelo Buonarroti – l’accusa di eresia, oscenità e tradimento della verità evangelica. Le accuse fortunatamente caddero, ma anni dopo, nel 1565 – in seguito al Concilio di Trento – quei corpi nudi vennero censurati e rivesti con morbidi panneggi da Daniele da Volterra, da allora epitetato Braghettone. Solo nel 1994, alla fine di un restauro durato tre anni, l’affresco è potuto tornare, senza censure, alla sua concezione originaria .
La morte della Vergine (1605 –1606) – Caravaggio: Ultimo dipinto romano di Caravaggio, La morte della Vergine è anche una delle sue opere più famose, oggi esposta al Louvre. Commissionata dai Carmelitani Scalzi della Chiesa di Santa Maria della Scala, l’opera in questione, fu poi però da questi rifiutata, poiché ritenuta poco rispettosa della figura della Vergine. Non era la prima volta che i personaggi di Caravaggio apparivano così crudamente realistici e fuori dagli schemi tradizionali da essere considerati indegni di una rappresentazione sacra. A causare scandalo, stavolta, però fu il corpo morto della Madonna completamente irrigidito, rappresentato privo di qualsiasi attributo divino, con il viso sconvolto e con il ventre gonfio (tipico di chi è morto annegato). Poiché Caravaggio era solito scegliere come modelle cortigiane e prostitute, la Madonna non solo fu considerata troppo una popolana, ma addirittura – secondo una tradizione ricorrente, ma non confermata – i contemporanei credettero che il modello a cui il pittore lombardo prese ispirazione, fosse quello di una prostituta che era stata trovata morta affogata nel Tevere.
Maja Vestida e Maja Desnuda (1800)- Francisco Goya: Realizzati su commissione, la coppia di quadri rappresentano una donna sdraiata e vestita ed una donna sdraiata- nella medesima posizione della prima – ma completamente nuda. Di quest’ultima, la Maja Desnuda, non sappiamo nulla riguardo la committenza dell’opera e si ipotizza che la protagonista del dipinto fosse o la Duchessa d’Alba (precedentemente proprietaria della collezione), o l’amante del ministro Manuel Godoy. Sua gemella, l’opera intitolata la Maja vestida,apparteneva anch’essa a Godoy ed era stata realizzata per il suo gabinetto privato. La vestida (il cui soggetto differiva nella fisionomia della desnuda, probabilmente, per tenere segreta l’amante del ministro), copriva quello senza veli che era visibile solo alzando quello più convenzionale. La Chiesa, allora, proibiva che una donna nuda non rappresentasse un personaggio mitologico e la Maja desnuda era un vero e proprio soggetto erotico dai contenuti espliciti. Motivo per cui, nel 1811, quando i due dipinti vennero rinvenuti alla morte di Gody, Goya si ritrovò davanti al tribunale dell’Inquisizione. Il pittore riuscì ad evitare la condanna grazie all’intercessione del cardinale Luigi Maria di Borbone-Spagna, ma la sua Desnuda, fu ritenuta oscena e sequestrata.
Olympia e Le déjeuner sur l’herbe – Edouard Manet: Dipinta nel 1863, l’Olympia di Manet , non solo è una delle sue opere più significative e di maggior pregio, ma fu una delle opere d’arte che generò più scalpore nella storia. Esposta al Salon di Parigi nel 1865,l’opera fu, infatti, prontamente rimossa in quanto indecente. La nudità della ragazza rappresentata, il suo sguardo ammiccante, la posa provocante, la presenza della serva di colore e del gatto nero – simbolo erotico- facevano, infatti, facevano chiaramente intendere che l’Olympia altro non fosse che una prostituta in attesa del proprio cliente. Contemporanea dell’Olympia è anche un’altra delle opere più famose di Manet Le déjeuner sur l’herbe. Anch’essa suscitò tante polemiche da essere rifiutata dalla giuria del Salon. Il motivo? Il dipinto raffigurava una donna nuda, che – intenta pranzare in compagnia di due uomini vestiti in abiti borghesi e di un’altra donna nuda intenta a bagnarsi nel fiume- osserva il pubblico con fare provocatorio. L’opera fu aspramente criticata dagli accademici, sia per la tecnica , che per la prospettiva- considerate grossolane- ma soprattutto perché essa era un chiaro attacco provocatorio alla borghesia e alla morale del tempo. Nella storia dell’arte, infatti, i nudi femminili venivano tollerati dagli ambienti accademici solo se raffiguranti divinità o personaggi mitologici, ma le scene di nudo volute da Manet sottolineavano come, nella realtà, dietro la facciata superficiale del perbenismo della borghesia , la realtà era, invece, caratterizzata dalla degenerazione dei costumi e della morale.
Il sonno (1866) e L’origine del mondo (1866) – Gustave Courbet: Fondatore del movimento realista, grazie alla sua vena libertina, Coubert è stato fra i pittori più audaci e scandalosi in assoluto. Egli realizzò per il diplomatico turco Halil Serilf Pasa ben due opere con soggetto erotico che vennero censurate, in quanto scandalose. La prima intitolata Il sonno, è una scena di lesbismo fra prostitute e, nonostante si tratti di una scena erotica, raffigura le due fanciulle si nude, ma colte nel momento del riposo, mentre sono dolcemente e teneramente avvinghiate. Non era in fatti raro che due prostitute, avendo conosciuto solo l’abuso e la violenza da parte degli uomini, si legassero fra di loro in un legame affettivo. La seconda opera, invece, è la celeberrima Origine del Mondo, conservata oggi al Museo d’Orsay. In essa troviamo raffigurato il corpo di una donna (non riconoscibile perché dipinta dal seno in giù), sdraiata su un letto e con le gambe divaricate. L’opera ha fatto e fa ancora scalpore dato che l’attenzione del pittore e dell’osservatore si concentrano inevitabilmente sui genitali della donna, volutamente messi in primo piano per esaltare quel concetto di inno alla vita, alla sessualità ed alla gioia di vivere di cui l’opera da secoli è portatrice. La censura ha poi colpito il dipinto anche in anni recenti, quando, nel 2011, è stata censurata dal profilo facebook di un professore francese, in quanto considerata pornografica.
Masturbazione (1911) – Egon Schiele: La figura e l’arte di Egon Schiele hanno sempre suscitato pregiudizio, scalpore e scandalo. Artista audace per la morale di ogni tempo, egli ha sempre dato – nella sua rappresentazione artistica – un posto di particolare rilievo all’erotismo. Egli, infatti amava rappresentare figure nude in pose esplicite, e non poche volte, i suoi nudi o le coppie da lui rappresentate risultano disinibite ed impudiche, rappresentazione gioviale di un eros privo di moralismo. Come nel dipinto Masturbazione, in cui il protagonista (probabilmente il pittore stesso), è rappresentato mentre è intento a masturbarsi. Nel 1912 i disegni erotici di Schiele e le infondate accuse di sequestrato e seduzione di minorenne, costarono all’artista un breve soggiorno in carcere, conclusosi poi , fortunatamente, solo con l’accusa di aver esibito opere pornografiche . Ma l’arte di Schiele – connotata da una forte espressività e da una profonda introspezione psicologica dei personaggi – nonostante non fosse altro che una profonda critica sociale alle ipocrisie borghesi, difficilmente poteva essere compresa a quei tempi. Soprattutto se si considera che, ancora nel 2018, gli organizzatori della mostra di Vienna, dedicata all’artista per il centenario della sua morte, sono stati costretti ironicamente a censurare i volantini pubblicitari della mostra in quanto ritenuti da alcuni troppo audaci.
Hon/Ell (1966) – Niki de Saint Phalle: Artista del Nouveau rèalisme, Niki de Saint Phalle realizzò nel 1966 un ‘opera – per il Moderna Musset di Stoccolma – che diede origine ad un’enorme scandalo, soprattutto perché realizzata in un periodo di forti tensioni, dovute alle lotte femministe ed all’affermarsi delle donne nel mondo dell’arte. Il motivo di tanto scandalo? L’opera – un scultura di dimensioni straordinarie alta 6 metri per 9 di larghezza- rappresentava una donna incinta sdraiata che nel seno destro aveva un piccolo bar, nel seno sinistro un planetario ed al suo interno una fittizia galleria d’arte. L’unico modo per accedervi era dalla vagina e, per questo motivo, l’opera fu visitabile solo tre mesi e poi venne distrutta.
Imponderabilia (1977) – Marina Abramovic e Ulay: è forse la performance più famosa della coppia di artisti. Avvenuta il 2 giugno del 1977, presso la Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna, durante la Settimana Internazionale della Performance, essa consisteva in una performance in cui i due artisti si trovavano in piedi, immobili e nudi – uno difronte all’altra – all’ingresso principale del Museo, fungendo da porte viventi. Per poter accedere al museo, i visitatori erano, dunque, costretti a passare fra i corpi dei due perfomer, mettendosi in posizione laterale, avendo un contatto fisico con entrambi e scegliendo a chi dei due dare le spalle e a chi, invece, dare il viso. L’opera – profondamente provocatoria – aveva come intento quello di sottolineare l’importanza dell’imprevedibilità nel determinare il comportamento umano e per questo motivo prendeva il titolo di Imponderabilia. Poichè considerata troppo scandalosa, venne presto interrotta dall’intervento della polizia, ma nonostante ciò almeno 350 persone avevano già preso parte alla performance del duo artistico Abramovic – Ulay.
Portfolio X, Y and Z (1978) – Robert Mapplethorpe: è una serie di 13 stampe fotografiche del celebre fotografo Robert Mapplethorpe che ha come soggetti principali nudo omoerotico e sadomaso.Tale serie fotografica ha destato scandalo sia perché negli anni ’70 l’omosessualità, l’ HIV, il sadomasochismo e la pornografia erano considerati argomenti tabù, sia perché i contenuti espliciti delle sue fotografie non solo sdoganavano questi argomenti, ma li rendevano veri e propri soggetti d’arte. Fra le fotografie più note della serie – e che crearono più scalpore – sicuramente troviamo Man in Polyester Suit in cui il fotografo ritrae il proprio amante Milton Moore che indossa un abito a tre pezzi, ma con il pene completamente esposto e Autoritratto con frusta in cui l’artista, in tenuta sadomaso, è intento ad infilarsi una frusta nell’ano.
Bambini impiccati (2004) e La nona ora (2000) – Maurizio Cattelan: Che Cattelan sia un’artista provocatorio è risaputo, ma, a volte, la sua irriverenza va oltre i confini della morale da scatenare le reazioni più forti e disparate. È questo il caso di due sue famosissime opere. La prima, Bambini impiccati, fu un’istallazione contestatissima e raffigurante tre manichini di bambini impiccati ad un albero di piazza XXIV maggio a Milano. Lo sdegno e la rabbia suscitate da tale installazione spinsero un uomo ad arrampicarsi sull’ albero per rimuovere l’opera, ma l’unica cosa che ottenne fu quella di cadere rovinosamente e finire in ospedale. La seconda spregiudicata opera, invece, si intitola La Nona Ora, ed altro non era che la rappresentazione iperrealistica di Papa Giovanni Paolo II mentre veniva colpito e schiacciato da un meteorite. L’opera, ovviamente, risultò blasfema e fuori luogo, ma l’intento dell’artista era quello di rappresentare – con estremo realismo – la Chiesa che veniva schiacciata dai suoi mali , rifacendosi al famoso passo del libro dell’Apocalisse in cui si narra come i potenti della terra saranno schiacciati da una pioggia di astri, poco prima che arrivi la fine dei giorni. Per rendere maggiormente il concetto, anche il titolo dell’opera, non era un fine rimando alle Sacre scritture, precisamente al famosissimo passo del vangelo secondo Matteo in cui Gesù crocifisso pronuncia la famosa frase: “Padre, Padre, perché mi hai abbandonato?”.
Fonti consultate:
- Giorgio Cricco e Francesco Paolo di Teodoro, Itinerario nell’arte vol.2, Zanichelli editore, 2011;
- Francesca Marini ( a cura di), Caravaggio, edito da Corriere della Sera – Rizzoli- Skira, in I classici dell’Arte n.1, 2003;
- Maurizia Tazartes, Goya, Giunti editore, collana artedossier n. 311, 2014;
- Eva di Stefano, Schiele, Giunti Editore, collana artedossier n.64, 2016;
- Carolina Palumbo, 15 opere d’arte perseguitate dalla censura, artribune.com, 15/12/2020;
- Valentina Tanni, Gli artisti come porte viventi: Marina Abramovic e Ulay nel 1977, artribune.com, 24/07/2017;
- Francesco Bonami, Lo potevo fare anch’io, piccola biblioteca Oscar Mondadori, 2011;
- Federica Galassi, Omaggio a Maurizio Cattelan in 5 opere, artslife.com, 14/05/2016;
- Giorgina Bertolino, Saper vedere i movimenti artistici, Mondadori arte, 2008;