Le città e i segni
Dalla città di Zirma i viaggiatori tornano con ricordi ben distinti: un negro cieco che grida nella folla, un pazzo che si sporge dal cornicione d'un grattacielo, una ragazza che passeggia con un puma legato al guinzaglio. In realtà molti dei ciechi che battono il bastone sui selciati di Zirma sono negri, in ogni grattacielo c'è qualcuno che impazzisce, tutti i pazzi passano le ore sui cornicioni, non c'è puma che non sia allevato per un capriccio di ragazza. La città è ridondante: si ripete perché qualcosa arrivi a fissarsi nella mente. Torno anch'io da Zirma: il mio ricordo comprende dirigibili che volano in tutti i sensi all'altezza delle finestre, vie di botteghe dove si disegnano tatuaggi sulla pelle ai marinai, treni sotterranei stipati di donne obese in preda all'afa. I compagni che erano con me nel viaggio invece giurano d'aver visto un solo dirigibile librarsi tra le guglie della città, un solo tatuatore disporre sul suo panchetto aghi e inchiostri e disegni traforati, una sola donna-cannone farsi vento sulla piattaforma d'un vagone. La memoria è ridondante: ripete i segni perché la città cominci a esistere.
Coming out vs Outing
Coming out è un’espressione inglese il cui significato è venire fuori e fa riferimento al dichiarare apertamente il proprio orientamento sessuale o identità di genere. Questa terminologia viene spesso confusa con quella di outing: se nel primo caso si parla di una scelta deliberata, nel secondo si tratta della divulgazione…
Il potere del cibo nelle relazioni internazionali
Alla fine degli anni ’90 del Novecento uno scienziato politico poi divenuto estremamente celebre, Joseph Nye, presentò al mondo la propria innovativa teoria sulle relazioni internazionali. Nei suoi scritti, Nye teorizzava l’esistenza di due diversi modi di intendere il potere che gli Stati esercitano su altri Stati: uno, l’hard power,…
O’Tama Kiyohara/Eleonora Ragusa: la prima pittrice giapponese che dipinse all’occidentale
Fra fine ‘800 ed inizi ‘900, ebbe luogo una bellissima storia d’amore fra uno scultore palermitano ed una pittrice giapponese: Vincenzo Ragusa e O’Tama Kiyohara. L’unione non riguardava solo quella fra due anime, ma quella fra due culture diversissime tra loro e due modi diametralmente opposti di intendere l’arte. Tale connubio regalò, a Palermo ed al mondo, non solo la prima pittrice giapponese a dipingere nei modi della cultura occidentale – che è diventata una delle protagoniste principali del panorama artistico siciliano del tempo – ma anche una donna che fu una vera e propria precorritrice dei tempi. O’Tama Kiyohara, infatti, può essere considerata una sorta di donna dei primati: fu la prima artista giapponese che attuò una perfetta crasi fra il linguaggio pittorico verista occidentale e la tradizione figurativa nipponica e che decise di operare in Italia e non in altri paesi europei (più generatori di fermenti culturali ed avanguardie artistiche), senza peraltro avere, per cinquantuno anni, alcun legame o notizia sugli sviluppi dell’arte della sua terra natìa. Fu inoltre la prima pittrice nipponica a dipingere con colori ad olio, ma, soprattutto, quasi antesignana delle conquiste del movimento femminista, fu la prima donna giapponese che, al di là delle convenzioni sociali, posò come modella per uno scultore straniero, e la prima donna che a Palermo svolse la sua attività di insegnante d’arte e di artista non per diletto o per hobby, ma come vera e propria professione.
Vita e Opere di O’ Tama Kiyohara
O’’Tama Kiyohara seconda figlia di Sadakichi Kiyohara, sacerdote del tempio Zojō-ji, nasce a Tokyo nel 1861. Sin da bambina ama giocare nei ricchi giardini del tempio, dimostrando sin da allora quella profonda curiosità e spirito di osservazione della natura che saranno alla base della sua pittura. Già a sei anni mostra una certa propensione per l’arte del dipingere e ad undici anni chiede al padre di poter prendere lezioni di pittura da un maestro di disegno in città. Suo primo maestro di pittura è Eishū, pittore non celebre della scuola Kanō, che realizza stampe ukiyo-e per l’occidente. Le lezioni del maestro Eishū si basano nel copiare i modelli dei grandi maestri del passato della tradizione pittorica giapponese e cinese, e O’Tama, già a dodici anni, raggiunge un livello di competenze tecniche ed espressive tale da ricevere il nome d’arte di Eiju. Ciò è indicativo del talento che la giovane possedeva, in quanto, generalmente, i pittori della scuola Kanō ricevevano il loro nome d’artista solo dopo dieci anni di apprendistato.
Contemporaneamente, giunge a Tokyo lo scultore Vincenzo Ragusa, chiamato dall’Imperatore per insegnare arte occidentale all’Accademia Imperiale di Belle Arti di Tokyo, in quel processo di ammodernamento e occidentalizzazione culturale intrapreso dal Giappone quando decise di uscire dall’isolamento ed aprire i suoi confini al resto del mondo. Ragusa giunge a Tokyo nel 1876 e l’anno seguente incontrerà la talentuosa Kiyohara, cui inizierà a dare lezioni di pittura. Lo scultore proviene da una rigida estetica del naturalismo e del verismo, mentre O’ Tama dalla pittura yukiyo-e, una pittura immediata, dallo stile fluido ed impressionistico, le cui figure sono bidimensionali e quasi del tutto prive dell’uso della prospettiva. Per meglio far apprendere alla sua allieva la pittura dal vero e stimolarne la sensibilità artistica, lo scultore, nel corso delle sue lezioni, oltre all’esercizio della copia dal vivo di animali e fiori, le fa copiare modelli, schizzi di sculture e dipinti dei grandi maestri del Rinascimento. Così, O’Tama si impadronisce presto dell’uso della prospettiva, delle tecniche e dei modi della pittura europea e, raggiunta una certa padronanza della pittura occidentale e della rappresentazione dal vero, Ragusa, dal 1877 fino al 1881, le affida l’importante incarico di catalogare e riprodurre in pittura gli oggetti di antiquariato giapponese che egli collezionava.
O’Tama, però, non è solo allieva di Ragusa, ma è anche sua modella. È la prima donna giapponese a posare per un artista straniero, indipentemente dal fatto che ciò fosse disdicevole per quei tempi. Ma la fama di Ragusa in Giappone e la profonda stima che gli riservava l’Imperatore fanno sì che L’ immagine di donna giapponese (ritratto di O’ Tama) sia subito accolto come un capolavoro.
E’ così che Vincenzo Ragusa (allora trentacinquenne), e O’ Tama Kiyohara (allora sedicenne), si innamorano e decidono di sposarsi, nel 1880, con una cerimonia senza alcun valore legale. Ragusa, però, desidera tornare in Italia e porta con sé O’ Tama, la sorella di lei Chyio ed il cognato Einosuke. Il suo sogno è di aprire, nella sua Palermo, una scuola di arti applicate giapponesi che funga da luogo di scambio culturale fra le due diverse culture, che renda l’Italia culturalmente progredita e che formi nuove maestranze per creare nuovi posti di lavoro nel Mezzogiorno. Così, nel 1883, contando solo sui propri mezzi, fonda a Palermo la Scuola di arti Orientali. Direttore della scuola è lo scultore, Direttrice della sezione femminile ed insegnante di acquerello e maki-e è O’ Tama, mentre Chyio insegna ricamo ed Einosuke la lavorazione della lacca. O’ Tama, però, continua a proseguire lo studio della lingua italiana e della pittura dal vero. S’iscrive, quindi, alla Facoltà di Belle Arti dell’Università di Palermo ed ha come insegnante il più importante pittore del tempo: Salvatore Lo Forte.
Ambientatasi subito a Palermo, grazie al marito conosce le più importanti città d’arte italiane e ciò influenza la sua produzione artistica e le permette di confrontarsi con i più importanti pittori palermitani del tempo. In poco tempo si fa conoscere dall’alta borghesia cittadina e riceve incarichi per le illustrazioni di importanti riviste e giornali palermitani, che accrescono la sua fama, le permettono di vendere le sue opere e fanno di lei una pittrice di professione. È, infatti, l’unica donna del tempo, a Palermo, a dipingere per professione e non per diletto, cosa che ai tempi era prerogativa prettamente maschile. La sua presenza a Palermo ha destato grande curiosità e non sono pochi i giornali che scrissero di lei, corredando i propri articoli con foto delle sue opere. Ma ad elevare maggiormente la sua figura è la grande generosità e bontà d’animo che dimostra nel 1885, quando fonda l’associazione Legione della Croce verde per aiutare i siciliani colpiti dalla devastante epidemia di colera. Nel 1887, però, un decreto regio rende comunale la scuola fondata da Ragusa, viene abolita la sezione di lacca e Chiyo ed Einosuke tornano in Giappone. Nello stesso anno viene reso ufficiale il fidanzamento fra Ragusa e O’ Tama, che si converte alla religione cattolica, battezzandosi nel 1888 con il nome di Eleonora. Una volta battezzatasi, O’ Tama può finalmente sposare ufficialmente Vincenzo Ragusa nel 1889, assumendo il nome di Eleonora Ragusa, con cui da allora firmerà le sue opere. Per Palermo è una delle stagioni più ricche economicamente e vivace culturalmente, grazie all’Imprenditoria dei Florio e dei Whitaker.
Essi promuovono la realizzazione di una Esposizione Nazionale nel 1891 e la partecipazione della coppia Ragusa-Kiyohara a tale evento porta loro grande prestigio nell’ambito artistico della città. O ’Tama, in particolare, espone tre dei suoi dipinti: La Notte dell’Ascensione, Villa Giulia ed Ho preso il volo!, ottenendo per quest’ultimo una medaglia d’argento.
Il prestigio ottenuto durante l’Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92 fa di lei l’artista più ricercata ed in voga fra i nobili e le famiglie borghesi di Palermo: i Florio, i Whitaker ed i Principi di Scalea. Quando nel 1894 viene abolita la sezione femminile dell’Istituto d’arte, per aiutare il marito a sanare i suoi debiti, O’ Tama inizia, quindi, a dare lezioni ad allievi ed allieve della ricca borghesia palermitana.
Cospicue sono le commissioni che riceve in questo periodo: dipinti ad olio, acquerelli, arte applicata (paraventi, coperte dipinte in seta, cuscini, ventagli e pannelli decorativi.) e decorazioni d’ambiente, come il grande affresco con Il trionfo di Bacco sul soffitto della sala da ballo di Palazzo Naselli o gli splendidi affreschi trompe-l’oeil di Villa Guzzardi – Majo.
Nel 1898 il Ministero destituisce Vincenzo Ragusa dall’incarico di Direttore della scuola da lui fondata e la scuola viene definitivamente soppressa nel 1905. O’ Tama, delusa e stanca, decide quindi di allontanarsi dall’alta società, e si ritira dalla vita pubblica per passare con il marito i giorni della sua vecchiaia. Nonostante tutto, però, la coppia non abbandona il proprio impegno nella Legazione della croce verde.
Così, nel 1908, quando la Sicilia è scossa dal devastante terremoto dello Stretto di Messina, i coniugi Ragusa non esitano a offrire il proprio aiuto. In quell’occasione, O’ Tama partecipa così vivamente a quell’immane tragedia da immortalare in tre acquerelli la devastazione e le macerie in cui soccombe la città di Messina.
Arriva il 1927 e Vincenzo Ragusa muore. O’ Tama si isola in casa passando le giornate a dipingere o ad affrescare e ricamare. Vive completamente appartata, lontana dalle istanze futuriste e del liberty che allora approdano a Palermo, e non presta attenzione ad alcuna evoluzione dell’arte, del tutto rifugiata nel suo mondo pittorico che unisce l’impressionismo giapponese al naturalismo occidentale. Quando pensa di essere ormai sola al mondo, nel 1931 giunge a Palermo la pronipote Hatsue. Nel 1930 lo scrittore giapponese Kimura Ki, durante un viaggio in Italia, aveva infatti scoperto le opere di O’Tama e, affascinato da lei, al suo rientro in patria aveva inviato a Palermo il corrispondente in Italia di un noto giornale di Tokyo per raccogliere notizie con cui scrivere una biografia della pittrice. Tale biografia aveva portato alla ribalta in Giappone la figura di O’Tama Kiyohara, consacrandola come la prima pittrice giapponese a dipingere all’occidentale. Hatsue quindi cerca di convincere O’ Tama, diventata nel frattempo un’eroina in Giappone, a far ritorno a Tokyo, riuscendoci solo nel 1933, lo stesso anno in cui la sua biografia viene pubblicata.
Una volta in Giappone, O’Tama, data l’enorme fama di cui gode, allestisce diverse mostre e continua la sua attività di pittrice, firmando le sue opere con il nome italiano e riprendendo, in parte, lo stile orientale.
Nell’aprile del 1939, però, muore per un’emorragia cerebrale. In suo onore vengono allestite due mostre: una ad Osaka ed una a Tokyo. Poiché il suo desiderio più grande era di tornare a Palermo ed essere sepolta lì, insieme al marito, al Cimitero dei Rotoli, nel 1985 la nipote Hatsue esaudisce il suo desiderio. Le sue ceneri vengono inumate dove lo scultore riposava, sotto una semplice scultura composta da una colonna sormontata da una colomba che lui stesso aveva realizzato. Dopo quasi cinquant’anni O’ Tama si riuniva all’ amore della sua vita, facendo finalmente ritorno a casa.
Fonti consultate
Contessa Lara, Una pittrice giapponese, in «Natura e Arte. Rassegna quindicennale illustrata italiana e straniera di scienze, lettere ed arti», III, Roma 1891-1892, pp. 31-337.
F. Oliveri, O’Tama Kiyohara: Dal Sol Levante all’isola del Sole. Una pittrice giapponese in Sicilia dal1882 al 1933, Krea, Palermo 2003.
L. Beretta, Una pittrice giapponese a Palermo nell’Ottocento. O-Tama Kiyohara Ragusa, in «Bollettino del CIRVI», anno XXVIII, gennaio – giugno 2007, fasc. I, pp. 57 – 84.
M. A. Spadaro, O’ Tama e Vincenzo Ragusa. Echi di Giappone in Italia, Kalós, Palermo 2008.
V. Crisafulli-L. Paderni- M. Riotto (a cura di), Kiyohara Tama. La Collezione dipinta, Sellerio, Palermo 2009.
E. Montagnosa Cappuccinello, Tama Kiyohara. Dipinti e documenti, in «Il mondo degli archivi on-line. Quadrimestrale d’informazione dibattito», nn. 1-2, 2010.
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