Quando si parla di Germania è impossibile non fare riferimento ai luoghi comuni più banali: consideriamo i tedeschi dei mangiapatate con un pessimo senso del gusto e della moda, freddi e calcolatori, ma al contempo estremamente precisi. Carnivori accaniti, sono ritenuti i veri e propri dominatori del continente europeo, che tengono in pugno le istituzioni europee e dirigono le politiche dell’Unione Europea a loro piacimento.
Se su alcune di queste affermazioni possono essere considerate non troppo veritiere, altre non si discostano invece poi così tanto dalla realtà o meritano, perlomeno, un doveroso approfondimento.
La Germania è sempre stata, fin dalle sue origini, un Paese tendenzialmente portato a perseguire una politica di potenza. Già dai tempi in cui al posto del Paese che oramai tutti ben conosciamo, e che apprezziamo e temiamo al tempo stesso, altro non vi era se non tantissimi piccoli Stati, tra cui spiccava per importanza l’Impero asburgico, le più eminenti personalità tedesche aspiravano all’indipendenza; al contempo, i più lungimiranti statisti stranieri avevano compreso che una Germania unita avrebbe potuto costituire un vero e proprio pericolo.
Non ci volle molto per far realizzare al mondo intero la portata della minaccia tedesca: l’indipendenza prussa risale all’anno 1871, e già i primi passi della Germania guidata da Otto von Bismarck fecero intendere come sarebbe stato meglio farsela amica piuttosto che nemica. Quando tuttavia il cancelliere si dimise e le redini del Paese passarono nelle mani di militari meno accorti, fu facile intendere come uno degli obiettivi tedeschi fosse riarmarsi pesantemente per perseguire la propria personale politica di forza in beffa all’odiata Inghilterra, che fino ad allora aveva dominato la scena mondiale grazie al suo ormai consolidato impero.
Chi conosce davvero la storia delle relazioni internazionali è consapevole del fatto che lo scoppio della Prima guerra mondiale non possa essere attribuito per intero alla Germania; certamente non si può però ignorare che il massiccio riarmo tedesco spinse le maggiori potenze mondiali ad intervenire. Lungi dall’essere debellata, il Paese seppe risollevarsi e dare vita ad un fenomeno senza precedenti (e finora, senza successori, se così si può dire) come il nazismo. Chi però è convinto che Adolf Hitler altro non fosse se non un feroce folle dovrebbe ricredersi: il fenomeno nazista può benissimo essere considerato come l’estremizzazione di una politica di potenza profondamente radicata nel cuore dei tedeschi.
La sconfitta subita a seguito della Seconda guerra mondiale ebbe per questo delle ripercussioni di portata a dir poco fenomenale: gli Alleati vincitori avevano ben chiara la necessità di neutralizzare il Paese per evitare che potesse, ancora una volta, tentare la conquista dell’Europa intera. Da lì la decisione di dividerla in quattro zone di influenza, successivamente divenute due, per far sì che non fosse possibile ricostituirsi come Stato forte e pronto a porsi come guida del continente europeo.
Gli sforzi profusi nell’evitare tale risultato dovettero tuttavia capitolare di fronte al corso degli eventi: la perdita di lustro da parte dell’Unione Sovietica, l’altra superpotenza nel mondo bipolare venutosi a creare dopo il secondo conflitto mondiale, fece sì che il processo di riunificazione venisse poi accelerato, e portato a compimento, anche grazie all’intervento degli Stati Uniti, i quali intervennero a tutela e in ausilio della riunificazione tedesca. Non è un caso se, qualche anno fa, in occasione dell’ex presidente statunitense George H. Bush, alla guida dell’America negli anni della riunificazione, la cancelliera Angela Merkel sia pubblicamente intervenuta per ringraziare il defunto presidente dell’impegno profuso a supporto della causa teutonica.
Gli anni del cancellierato Merkel hanno lasciato un’eredità difficile da mettere da parte adesso che ancora imperversa la guerra in Ucraina: proprio lei era stata una frontrunner del perseguimento di relazioni amichevoli con i giurati nemici degli Stati Uniti, Russia e Cina in primis, a causa dei forti interessi economico-commerciali in gioco. Non sarà pertanto semplice per la Germania di Olaf Scholz, l’attuale, incolore cancelliere social-democratico, liberarsi di questa scomoda legacy del cancellierato Merkel. Per questo motivo, l’estremo tentativo ipotizzato per riconquistare la fiducia statunitense sempre più vacillante è stato quello di annunciare un forte aumento delle spese militari tedesche, fino a raggiungere il 2% del PIL richiesto dall’adesione alla N.A.T.O. Se questo, da un lato, dovrebbe tranquillizzare gli americani, che così saranno convinti del rinnovato impegno tedesco a difendere il bastione europeo, non si può negare che questo Zeitenwende spaventi i partner europei, timorosi che questo non sia altro che il primo passo verso il dominio tedesco dell’Unione Europea.
In occasione dell’anniversario della caduta del muro di Berlino a Zirma proponiamo un carosello di contenuti a tema crucco che, siamo sicuri, non vi deluderà. Perché l’impero tedesco non è ancora tornato, ma il Paese esercita ancora, contestualmente, un’innegabile fascino e un riverente timore su tutti noi.