L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce la salute mentale “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità”.
Ma non è tutto. Parlare di salute mentale vuol dire anche fare riferimento alla capacità dell’individuo di esercitare la propria funzione all’interno della società, rispondere alle esigenze quotidiane e stabilire relazioni soddisfacenti con gli altri. I disturbi mentali possono differenziarsi sia per tipologia che per gravità, e riguardare il pensiero, l’emotività e/o il comportamento.
Allo stato attuale, potremmo dire che le malattie mentali siano il risultato della combinazione di veramente tanti fattori, tra cui fattori genetici, fattori biologici (fisici), fattori psicologici, fattori ambientali (inclusi quelli sociali e culturali).
Ogni disturbo, a qualunque livello, mette a rischio la qualità della vita di ogni individuo – nessuno escluso.
Diamo un po’ (d)i numeri. Nel mondo quasi un miliardo di persone, 1 su 8, convive con una qualche forma di sofferenza psichica! I numeri peggiorano a 1 su 7 nella fascia di età tra i 10 e i 19 anni. Particolarmente in Europa, dove le patologie maggiormente diffuse sono ansia e depressione, il suicidio è diventata la seconda causa di morte fra gli adolescenti fra i 15 e i 19 anni, con 4 casi su 100.000, dopo gli incidenti stradali (5 casi su 100.000). La situazione è naturalmente peggiorata negli ultimi due anni, e indovinate a causa di cosa? Chiaramente il COVID-19.
Questa problematica rappresenta, allo stato attuale, uno dei costi più esosi a carico dei servizi sanitari nazionali, ed ha evidenti ripercussioni in tutte le classi di età e senza distinzione di sesso – iI costo economico totale dei disordini psichici nei 28 paesi europei ammonta a oltre 600 miliardi di euro, pari a più del 4% del Pil.
Fabrizio De André descriveva il matto come colui che ha un mondo nel cuore e non riesce ad esprimerlo con le parole – ma cosa vuol dire davvero prendersi cura di una persona affetta da disturbi mentali?
Partiamo da qui: ogni percorso di cura deve essere personalizzato per il paziente in quanto persona unica, ovvero dotata di caratteristiche individuali e di personali esigenze – non si può dare lo stesso trattamento a tutti!
Bisogna, però, fare una differenza tra le malattie croniche più gravi e le malattie meno gravi. Nel primo caso, quando le malattie sono difficilmente curabili, come ad esempio accade nei disturbi degenerativi (tra cui si annoverano le demenze), nei disturbi psichiatrici, nei disturbi cognitivi o nei disturbi dello sviluppo, l’obiettivo della cura è quello di gestirli al meglio in modo tale che il soggetto possa ritornare ad una vita più dignitosa ed autonoma possibile. Nel secondo caso, lo scopo della cura è quello di far andare in remissione i sintomi che portano la sofferenza, diminuendo anche le fonti di stress dall’esterno qualora presenti e cercando di migliorare la percezione della qualità della vita dell’individuo, concetto, quest’ultimo, estendibile anche alla categoria dei pazienti più gravi. La Lancet Commission on ending stigma and discrimination in mental health sostiene che questi soggetti subiscano una doppia minaccia: l’impatto della condizione e le conseguenze sociali dello stigma e della discriminazione. Molte persone che convivono con queste problematiche, descrivono la stigmatizzazione come peggiore della condizione stessa!
Non c’è salute senza salute mentale, ha affermato a tal proposito il ministro della Salute, Roberto Speranza – di nome e di fatto.
Il 10 ottobre del 2022, in occasione della Giornata mondiale della salute mentale, si discuteranno le priorità attuali. Di cosa si tratta?
La realtà circostante è dominata da dibattiti su pandemie, conflitti nucleari e cambiamento climatico, per questo motivo si è sentita forte l’esigenza di rinnovare il dibattito sulle condizioni di salute mentale del mondo.
Il Global Mental Health Summit (GMHS), l’incontro organizzato dal movimento per la cura e prevenzione dei disturbi mentali, esorterà i governi, le organizzazioni internazionali e la società civile a trattare i numerosi problemi nell’organizzazione dei servizi in ottica globale. Quest’ultimo aspetto è stato tuttavia messo a dura prova dalla crisi sanitaria ed umanitaria attualmente in essere, ma anche dall’esigenza di superare le debolezze strutturali che impediscono a milioni di persone di ricevere cure adeguate per i loro bisogni di salute mentale – diritto inalienabile di tutti.
Gli sforzi di prevenzione e intervento dovrebbero concentrarsi principalmente sulle esigenze delle persone maggiormente colpite dalle crisi. Il GMHS svilupperà infatti l’ambizioso piano di azione tracciato precedentemente a Londra nel 2018, incrementando la consapevolezza e l’impegno in tema di salute mentale sia a livello politico che nella società civile con lo scopo di attuare politiche nazionali che promuovano sistemi di salute mentale inclusivi, efficaci e a tutela dei diritti. Gli ostacoli da superare per la realizzazione di tali servizi comprendono la mancanza di finanziamenti e investimenti nella cura e nella ricerca sulla salute mentale, la scarsità di risorse umane qualificate, lo stigma sociale e la discriminazione.
Tra i temi principali trattati ci saranno l’approccio comunitario alla salute mentale e il coinvolgimento dei diretti interessati e delle loro famiglie nel processo di cura e recupero psicosociale. Si focalizzerà, dunque, l’attenzione sulle cosiddette strategie di capacity building, ovvero l’investimento del tempo e delle risorse, anche quelle digitali, per sostenere ogni persona nel corso di ogni ciclo di vita, ed anche a distanza.
Mens sana in corpore sano, scriveva Giovenale – facile per lui che viveva nel I sec. d.C